domenica 20 dicembre 2009

Depressione



In oltre trenta anni di professione, come psichiatra, la malattia, oggi chiamata depressione è sempre stata una presenza assidua e costante nella mia vita, sia perchè essa è molto rappresentata e frequente tra i pazienti che a me si rivolgono, per essere aiutati, sia perchè io stesso ne soffro, consapevolmente, da quando, medico, sono stato capace di riconoscerne i sintomi in me stesso, inconsapevolmente, da bambino, quando ne ignoravo ancora l'esistenza, ma ne soffrivo il dolore, , e i ricordi di quel periodo sono particolarmente vividi e sofferti nella mia mente.
La depressione, e chi ne soffre lo sa bene, è una malattia cattiva, perfida, come le altre e forse più delle altre, perchè fa soffrire grandemente chi ne è affetto e perchè si insinua in noi silenziosamente, subdolamente, di nascosto, insidiosamente e spesso non viene riconosciuta come malattia dal paziente stesso, dai suoi familiari ed amici e ahimè, a volte, neppure dal medico cui il malato si rivolge per essere aiutato e guarito, o almeno per sentir lenite le sue sofferenze.
Ancora purtroppo la depressione tarda ad essere riconosciuta quale malattia, malattia come tutte le altre e sono frequenti, ancora, da parte dei familiari, degli amici, dei medici stessi a volte, purtroppo, le esortazioni, gli inviti, le raccomandazioni, sempre più pressanti, invadenti, imperiose, a volte, e rampognanti a "reagire" a "farsi forza" a "metterci buona volontà", esortazioni e raccomandazioni, che nella loro totale inutilità, ottengono l'unico risultato di gettare il malcapitato paziente, cui vengono rivolte, ancor più se possibile nello sconforto e nella disperazione e desolazione.
Le cause della depressione sono tante, molteplici e multiformi, andando esse da cause prettamente organiche e biologiche, forse genetiche, nella depressione endogena, nelle sue varianti monopolare e bipolare, a cause plausibilmente ormonali nella ben tristemente nota depressione post-partum, a cause sempre biologiche, di invecchiamento, nella depressione senile, a cause comunque biologiche, ma di diversa origine, nella depressione, sempre più oggi diffusa, da "diete incongrue e carenziali", per lo più autogestite, che con lo scopo di provocare un rapido e desiderato dimagrimento, privano il Sistema nervoso, di quegli alimenti necessari alla sua sussistenza ed efficienza.
Altre cause, sempre organiche, sono rappresentate dall'uso di droghe, tutte, nessuna esclusa, che quale più, quale meno, inducono effetti devastanti, tra i quali uno dei primi a comparire è proprio la depressione.
Esiste poi, per complicare la vita di noi psichiatri e dei pazienti che a noi si rivolgono, il "mare magnum" delle depressioni cosiddette "reattive", nelle quali la depressione, con tutto ciò che ne consegue, è provocata, è causata, è indotta da un evento, da un accadimento, da una situazione personale, da una condizione, acuta o cronica, che comunque viene percepita dal paziente come dannosa, lesiva, negativa, dolorosa, pericolosa, per la sua esistenza, in senso lato, fisica, affettiva, lavorativa, familiare, psichica.
La risposta a questo evento, unico, multiplo, acuto o perdurante nel tempo è costituita dalla "depressione" in tutte le forme, le sembianze, anche i travestimenti, con cui è capace di presentarsi ed aggredirci.
Esiste quindi, da che mondo è mondo una depressione da lutto, da delusione affettiva, con ciò che ne consegue, da delusione lavorativa e di carriera, da perdita del posto di lavoro, da pensionamento, da perdita economica, da sensi di colpa per ciò che di male abbiamo commesso, vedi "l'Innominato" dei "Promessi Sposi" di manzoniana e ginnasiale ricordo, anche da successo, paradossalmente, se questo comporta l'assunzione di responsabilità e l'attribuzione di compiti, rispetto ai quali non ci sentiamo all'altezza, da preoccupazione continua, costante e angosciosamente esagerata per la nostra salute, e così via via con tutte le cause che la umana condizione è capace di provocare e generare, nella sua smisurata fantasia.
Ieri, per la prima volta, in vita mia, ho visto, in un paziente, la "depressione da decoder".
Come sappiamo tutti, da pochissimo tempo nel nostro paese si sta diffondendo, a macchia d'olio, nonchè a pelle di leopardo, una rivoluzione silenziosa e fino ad ora incruenta, che mina definitivamente e ineluttabilmente le nostre certezze e le nostre, fin qui sicurezze.
In tutta Italia e progressivamente si sta passando, per quanto riguarda la TV, dal segnale analogico al digitale, credo di aver capito, tanto che si parla di "digitale terrestre", in contrapposizione e distinzione, credo di intuire, da qualche altro tipo di digitale, sul quale è superfluo soffermarci ed indagare.
Sappiamo tutti che questa rivoluzione pacifica non è stata per tutti, anche se incruenta, indolore, essendosi creati non pochi problemi per persone, in gran numero anziani e quindi per età poco propensi ad appropriarsi di conoscenze ed abilità tecnologiche, nella comprensione e quindi nella attuazione di quelle, non sempre semplici, procedure, atte a permettere loro, di vedere, come prima la TV, che nel bene o nel male rappresenta per essi, spesso l'unico svago, l'unica distrazione, l'unico contatto con un mondo esterno divenuto troppo difficile e complesso, troppo astruso, per essere compreso e dominato e quindi implicitamente pericoloso.
La TV rappresenta spesso per queste esistenze, ormai vicine al traguardo ultimo, l'unico conforto, l'unica distrazione dai pensieri tristi e dai ricordi pesanti, l'unica compagnia dei pomeriggi di noia e solitudine, di notti insonni ed angosciose, l'unico conforto ad una esistenza solitaria resa ancor più dolorosa dalla patente latenza e latitanza di figli e familiari.
Orbene, la improvvisa novità, l'improvviso sopraggiungere e sopravvenire del digitale terrestre con i dubbi, le difficoltà, le incombenze, le complicazioni che esso comporta, ha indubbiamente apportato notevoli vantaggi, ma ha gettato nello sconforto e nella disperazione tantissime persone, cui prima accennavo, che di punto in bianco si son trovate in mano un telecomando del televisore che, fino a ieri familiare e fedele servitore, oggi non risponde più ai loro comandi, come sempre, ormai da sempre ed è divenuto drammaticamente inservibile, privandoci della confortante possibilità e certezza di poter riempire e addolcire i lunghi pomeriggi e le tormentate notti, con il nostro programma preferito.
E' quanto è accaduto al mio paziente, che ieri mi raccontava di essere caduto in una sconfortante ed angosciante depressione da quando, dopo l'avvento del digitale terrestre e nonostante la sua buona volontà e gli immani sforzi fatti per comprendere la nuova tecnologia, per mezzo di manuali, pubblicazioni, lezioni private, esercizi sotto la guida del nipote quindicenne, non è più capace di utilizzare il telecomando del proprio televisore.
Dopo averlo confortato, ed avergli prescritto una terapia farmacologica antidepressiva, ho stilato un dettagliato rapporto per la Organizzazione Mondiale della Sanità, descrivendo un nuovo tipo di malattia depressiva destinato ad assumere, nel nostro paese un carattere di epidemia: "La depressione da Decoder".
Ogniuno di noi medici sogna di passare alla Storia per aver scoperto e descritto per primo una malattia che da lui ha preso il nome: "Morbo di Alzheimer ", "Morbo di Parkinson", "Morbo di Kushing", "Morbo di Burger" e così via.
Mi illudo e sogno che dai posteri, a questa particolarissima forma di depressione, possa essere un giorno dato il mio nome.
Domenico Mazzullo

martedì 1 dicembre 2009

Sorelle d'Italia

A volte i miracoli esistono.
Assolutamente inaspettata mi è giunta, dal mio Amico, che indignato per la pubblicità delle calze CALZEDONIA, aveva scritto al Presidente della Repubblica, la seguente lettera che riporto integralmente:

Carissimo Domenico,

Ti invio (qui di seguito) la pronuncia del Giurì dell'Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria, ricavata direttamente dal sito del predetto Istituto:
http://www.iap.it/it/indingiu.htm

Pronunce del Giurì
Pronuncia
n. 91/2009 del 10/11/2009
Parti
Comitato di Controllo nei confronti di Calzedonia spa
Mezzi
televisione
Presidenteed Estensore
Deodato
Relatore
Ubertazzi
ProdottoCalze "Calzedonia"
Messaggio"Sorelle d'Italia"
Dispositivo"Il Giurì, esaminati gli atti e sentite le parti, dichiara che la pubblicità contestata contrasta con gli articoli 10 e 13 del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, e ne ordina la cessazione."(Art. 10 - Convinzioni morali, civili, religiose e dignità della persona)(Art. 13 - Imitazione, confusione e sfruttamento)

Con grande piacere metto questo risultato a disposizione di tutti coloro i quali, come me, si sono sentiti indignati ed offesi nel vedere l'Inno di Mameli utilizzato per scopi pubblicitari.

Domenico Mazzullo

d.mazzullo@tiscali.it

mercoledì 11 novembre 2009

Fratelli d'Italia


Non c'è mai limite al cattivo gusto, ne sono convinto, ma quando questo raggiunge e si estende a quanto di più caro e sacro è nella coscienza di tutti noi italiani, allora credo che non si possa rimanere indifferenti, o volgere distrattamente la testa dall'altra parte, ma sia un imperativo categorico far sentire, alta e forte la nostra voce di indignazione e di riprovazione, quando si giunge ad offendere il nostro Inno nazionale, l'Inno che rappresenta la nostra Patria, anche se questa parola viene pronunciata oggi sottovoce e quasi con vergogna.
Ma noi che non ci vergogniamo di essere italiani, ma anzi ne andiamo fieri e orgogliosi, non possiamo tollerare e non vogliamo che il nostro Inno nazionale, sia utilizzato, seppur mutandone le parole, impunemente e incoscientemente, per una pubblicità televisiva di una marca di calze.
Per chi non avesse ancora avuto modo di vederlo, ma mi sembra impossibile, visto la diffusione e il successo che ha avuto, faccio specifico riferimento allo spot pubblicitario della azienda CALZEDONIA che utilizza, mutandolo e parodiandolo in SORELLE D'ITALIA il nostro Inno nazionale.
Non riesco ad immaginare chi abbia avuto questa stravagante idea, non riesco a comprendere come dalla mente fecondamente creativa di un pubblicitario possa essere stata partorita questa trovata aberrante e offensiva.
Vivo a Roma, mi reco spesso al Gianicolo dove i patrioti della Repubblica Romana del 1849 resistettero alle soverchianti truppe francesi, dove Goffredo Mameli a soli 22 anni lasciò la vita, colpito da una palla di fucile e ucciso dalla cancrena, tra atroci dolori, confortato da Giuseppe Mazzini.
Sinceramente non mi sembra un buon modo di onorare la memoria di chi ha donato la vita anche per noi, trasformando il Suo Inno, il nostro Inno, in un messaggio pubblicitario, seppur per calze da donna.
Un mio caro amico, indignato come me, ha scritto al Presidente della Repubblica una lettera di rimostranze, per denunciare il fatto, ricevendo prontamente una lettera di risposta dal Consigliere del Presidente della Repubblica, Che, dopo averlo ringraziato, da parte del Presidente, per il suo interessamento di cittadino e dopo aver rimarcato "il costante impegno del Capo dello Stato per la valorizzazione dell'Inno e dei simboli della unità nazionale, che acquistano ancor più significato guardando al prossimo 150° anniversario dell'Unità d'Italia" ha rassicurantemente aggiunto:"Posso inoltre informarLa che questo Ufficio ha provveduto a segnalare il caso, sollevato da Lei e da altri, all'Istituto dell' Autodisciplina Pubblicitaria per le valutazioni di competenza".
"Segnalare il caso all'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria"? Ossia l'equivalente di niente.
Non è troppo poco per quanto dovuto a Goffredo Mameli, all'Inno d'Italia e a noi italiani che ci riconosciamo in Esso?
Domenico Mazzullo
d.mazzullo@tiscali.it
http://www.studiomazzullo.com/

lunedì 14 settembre 2009

Coerenza






Tra pochi giorni si festeggerà a Roma e in tutta Italia la data del XX Settembre 1870, una volta festa nazionale, prima del Concordato, data che segna la liberazione di Roma e dei romani dal governo papale e con essa la fine del potere temporale della Chiesa.
L'ultimo Papa Rè, Pio IX , dovette arrendersi alla forza delle armi, visto che quella della ragione, della opportunità e della volontà del popolo italiano di essere finalmente unito in una unica Patria, non aveva fatto breccia nella caparbietà, nella grettezza, nella arretratezza di chi avrebbe dovuto esercitare un magistero spirituale e non un potere temporale.
Ma il potere temporale della Chiesa è davvero finito, davvero la Chiesa ha rinunciato, perchè costretta e non per sua volontà , ad esercitare il proprio potere sulle cose terrene, che dovrebbero essere solo appannaggio della politica, riservando a se stessa un magistero spirituale di guida, per chi a Lei crede?
Purtroppo, e non è solo un mio parere, sembra proprio di no, alla luce della inevitabile e inoppugnabile constatazione di come la Chiesa si ostini con protervia ed arroganza a mettere il naso e ad interferire in ambiti che non la riguardano più, ossia sulla vita politica, soprattutto della nostra Italia, che ahimè si trova ad ospitarne la guida e che viene ancora considerata come un feudo, o meglio un protettorato, avendone dovuto lasciare la direzione materiale.
Questo potere, esercitato dietro le quinte, senza esporsi direttamente, senza prendere iniziative materiali, ma pretendendo di guidare le coscienze, meglio detto coercizzandole, quando esse sono asservite ed hanno rinunciato a pensare liberamente, è ancora più subdolo, oscuro e pericoloso di quello precedente, che i nostri antenati hanno conosciuto, dai tempi della Santa Inquisizione, del rogo di Giordano Bruno e degli eretici, omosessuali, streghe, dissidenti dalla dottrina, della persecuzione degli scienziati, della repressione nel sangue dei movimenti patriottici del Risorgimento, della fucilazione di un bambino di 12 anni, reo di essere figlio del patriota Ciceruacchio, della esecuzione senza processo di Targhini e Montanari, dei ghetti ove la Chiesa rinchiudeva i perfidi ebrei, dei battesimi forzati di questi e di tanti altri atti di sopraffazione e violenza, per i quali la Chiesa, non si è certo distinta in generosità ed amore per la umanità, che non fosse a lei sottomessa.
In questa logica di esercizio sudolo di un potere, di indebita e impropria ingerenza negli affari terreni del nostro paese, di intromissione colpevole, perchè pienamente consapevole, nella vita politica della nostra Italia, si devono, a mio parere, leggere le parole che il Papa ha pronunciato domenica scorsa alla preghiera dell'Angelus, quando ha chiesto con forza ai cattolici di mostrare "coerenza" con la loro fede, nei "comportamente e nei loro stili di vita".
Fin qui nulla da obiettare, ma quando poi, subito dopo, la Radio vaticana ha diffuso il messaggio che il Papa ha inviato a Poznan (Polonia) al Congresso internazionale dei farmacisti cattolici, il messaggio si è reso immediatamente più chiaro nelle sue intenzioni e più esplicito nei suoi contenuti.
Il Papa ha infatti ricordato, ai farmacisti cattolici, "che non è lecito vendere farmaci, che non rispettano la vita umana, fin dal concepimento", il che, alla luce di quanto detto in precedenza deve, a mio parere, leggersi come un esplicito invito ai farmacisti cattolici, di contravvenire al proprio dovere professionale, secondo la legislazione vigente nel nostro paese.
Forse il Papa non sa, non ricorda, o finge di non ricordare che, come ha esplicitamente affermato Annarosa Racca, presidente di Federfarma, "Il farmacista non può mai rifiutarsi di distribuire i farmaci, perchè deve rispettare la decisione del medico, per legge, per i farmacisti non è prevista obiezione di coscienza".
Il farmacista cattolico o no, che rifiuta di consegnare al paziente un farmaco prescritto dal medico, è passibile di denuncia.
Parimenti sarebbe opportuno ricordare al pontefice che istigare a commettere un reato è esso stesso un reato, nonchè una indebita ingerenza negli affari interni del nostro paese.
Domenico Mazzullo

giovedì 27 agosto 2009

Dei delitti e delle pene



Da quando lo lessi la prima volta nei tempi lontani del Liceo, ho sempre considerato come una delle espressioni più alte, più nobili e più illustri dell'Illuminismo, l'aureo libretto "Dei delitti e delle pene" del nostro Cesare Beccaria.
Non fu un grande scienziato, Cesare Beccaria e neppure un grande condottiero di eserciti, neppure un grande esploratore di terre lontane, un grande navigatore, un santo, un grande politico, un poeta, un uomo di Lettere, eppure fece fare all'Umanità tutta, un grandissimo, incommensurabile passo in avanti nel lento, lunghissimo, faticosissimo cammino verso la Civiltà, che ancora stentiamo a percorrere, che ancora ci rifiutiamo di percorrere.
Cesare Beccaria fu un grande rivoluzionario, Che non salì sulle barricate, Che non sparò su sovrani, che non ordì complotti eppure compì, con un Suo scritto semplice, leggibilissimo, chiaro ed accessibile a tutti la più grande delle rivoluzioni, quella delle coscienze.
Dopo Roma antica, che aveva fatto del Diritto la sua forza morale, da cui scaturiva, come conseguenza, la forza materiale, quello stesso Diritto era stato distrutto, si era perso, era stato dimenticato nei meandri della Storia e l'Umanità aveva fatto un terribile passo indietro, una drammatica retrocessione nel baratro dell'arbitrio.
In un tempo in cui la tortura, nei processi, era ampiamente praticata, riconosciuta come mezzo valido e legittimo per ottenere confessioni, ove anche il potere religioso non disdegnava, anzi utilizzava a piene mani questo strumento, la limpida e inconfutabile voce di Cesare Beccaria veniva ad illuminarci con concetti, che ancora oggi molti dimenticano, o si rifiutano di applicare, con matematica logica di ragionamento ci spiegava, che nessun imputato può essere ritenuto colpevole e quindi è da considerarsi innocente, fino a che non è stato condannato in giudizio, ma soprattutto sosteneva la finalità, non tanto punitiva, ma piuttosto riabilitativa della pena.
Ovvia quindi la assoluta opposizione alla pena di morte.
Devo sinceramente confessare che questo ultimo passaggio del pensiero di Beccaria, più che legittimo, in linea teorica, mi appare, come psichiatra, un po' ostico da accettare e piuttosto ottimistico, almeno per certi tipi di reati, quelli ad esempio compiuti con grande efferatezza, crudeltà e spesso per futili motivi.
A questo tipo di reati è da ascrivere, per venire ai tempi nostri, quello compiuto da un tristo terzetto di ragazzi della Roma bene, nel settembre del 1975, Gianni Guido, Andrea Izzo e Andrea Ghira, che in una villa del Circeo torturarono barbaramente e violentarono, per tutta una notte, due giovani ragazze che ingenuamente avevano accettato la loro compagnia, uccidendone una, la diciannovenne Rosaria Lopez e riducendo in fin di vita la amica diciassettenne, Donatella Colasanti, che riuscì a salvarsi fingendosi morta.
Le due ragazze, o meglio, il cadavere di una e il presunto cadavere dell'altra ,furono rinchiusi poi nel bagagliaio dell'auto di uno dei tre, parcheggiata in strada, mentre loro erano al ristorante a festeggiare l'impresa.
Donatella Colasanti riuscì ad attirare l'attenzione di un vigile notturno e così riuscì a salvarsi. E' morta nel 2005 per un tumore al seno.
Del terzetto criminale, Andrea Ghira, fuggito subito in Spagna e arruolatosi nella Legione Straniera spagnola, sembra sia morto, ma tuttora non è certo, nel 1994.
Angelo Izzo si trova in carcere, per scontare un altro ergastolo, dopo che nel 2005, in regime di semilibertà, concessogli in quanto aveva mostrato evidenti segni di pentimento, uccise a Campobasso due donne, madre e figlia.
Gianni Guido da ieri è libero avendo scontato la pena.
Condannato all'ergastolo, la pena fu ridotta, in appello a 30 anni. Dal 2006 aveva usufruito di permessi premio, quindi nel 2007 la semilibertà, infine dall' 11 aprile 2008 affidato ai servizi sociali e ora completamente libero.
I Giudici del Tribunale di sorveglianza di Roma hanno scritto che Gianni Guido ha compiuto una "revisione critica dei trascorsi devianti e un silenzioso pentimento, rispetto alle condotte violente del passato".
Non mi permetterei mai di mettere, neppur minimamente, in dubbio la competenza dei Giudici nel valutare ed accertare il silenzioso pentimento di Guido e la loro assoluta affidabilità di giudizio, ma mi chiedo se questo silenzioso pentimento si sia giovato, per maturare ed esplicarsi nell'animo penitente dell'assassino e sia avvenuto durante le due fughe di questi dal carcere e durante la lunga, lunghissima latitanza.
Per dovere di cronaca è necessario ricordare, infatti, che l'assassino nel gennaio del 1981 riuscì ad evadere dal carcere di San Gimignano e fuggì a Buenos Aires. In Argentina fu arrestato, ma in attesa della estradizione, nell'aprile del 1985, riuscì di nuovo a fuggire rifugiandosi a Panama, ove si creò una nuova identità dedicandosi al commercio di auto.
Solo nel 1994 fu riconosciuto e arrestato di nuovo.
Queste fughe e questa evidente e indiscutibile volontà di sottrarsi alla giusta pena, sono da considerarsi parte integrante del silenzioso pentimento e della incoercibile e incontenibile volontà di espiazione?
Ma forse Gianni Guido ha solo l'unica, deprecabile colpa di non aver mai letto, negli anni di latitanza, "Delitto e castigo" di Dostoevskij.
Con tutto il sommo rispetto per Cesare Beccaria, a Cui va tutta intera la mia immensa ammirazione, stento a credere che di fronte a tali crimini e tali criminali, anche Egli non avrebbe almeno un poco dubitato della Sua fede sulla funzione riabilitativa della pena.
Domenico Mazzullo

sabato 22 agosto 2009

Priorità

Mi sveglio molto presto, al mattino e in bagno, mentre compio i primi doveri verso me stesso, anche piaceri naturalmente, mentre mi rado, soprattutto, amo ascoltare la radio, per avere una anticipazione vocale di quanto leggerò, poco dopo sui giornali.
Dedicando a queste pratiche molto tempo, riesco ad ascoltare i primi tre giornali radio del mattino, su Radio 1, a ore 5; 5.30 e in fine a ore 6, quello preceduto dalle note dell'Inno d'Italia, già citato in un precedente blog.
Ne avevo avuto già sentore ierisera al telegiornale, ma sinceramente, considerando la Radio, più seria della TV, mi illudevo e speravo che il fenomeno, forse legato ad una svista del giornalista addetto, non si ripetesse, e invece si è puntualmente ripetuto anche in Radio, nei tre notiziari suddetti.
Cosa di tanto grave è avvenuto in questa calda Estate che ci riporta, con pedissequa monotonia, le notizie dell'esodo, con immancabile e insostituibile controesodo, la conta delle vittime sul fronte della guerra delle vacanze, le classifiche delle città più calde d'Italia?
Nulla di importante per me, ma evidentemente di molto importante, per chi si occupa di decidere la priorità da dare alle notizie che ci vengono comunicate, o propinate. E' un modo comune di dire, un motto ormai entrato nei meccanismi automatici del nostro parlare, il termine "Prima pagina", per alludere e significare la notizia più importante, la più eclatante, quella appunto da comunicare per prima.
Ebbene sì, purtroppo già da iersera in Televisione e anche questa mattina in Radio, la notizia in prima pagina era rappresentata dalla tanto attesa, vagheggiata, sognata uscita di un numero importante al superenalotto, con conseguente vincita astronomica, seguita da tanto di intervista al gestore della ricevitoria e suo conseguente ed ammiccante riserbo sulla identità del vincitore, non si sa ancora se fortunato o sfortunato.
Alcune, tante persone sono morte in mare, in circostanze ancora oscure, ma certamente tragiche, cercando di raggiungere le nostre coste, infiamma la polemica sui mancati aiuti da parte di Malta, il Vaticano lancia accuse, gravi, molto gravi, senza destinatari specifici, almeno nelle apparenze, Bossi risponde a tono, si sono tenute, in un clima non certo sereno le elezioni in Afghanistan, ma ciò che è ancora più grave, un elicottero del 118 con a bordo un medico e altre tre persone si schianta presso Cortina, mentre era impegnato in una missione di soccorso, provocando la morte dei quattro soccorritori, e la notizia più importante, da prima pagina è rappresentata dal superenalotto.
Sono allibito, sconcertato, indignato, ma soprattuto terrorizzato, perchè se questo particolare è lo specchio, un esempio, dell'universale nel quale ci troviamo a vivere, allora io, tuttora vivente, provo invidia per quelle quattro persone che hanno perso la vita ieri, compiendo il proprio dovere.
Chi avrà il coraggio di raccontare ai familiari dei caduti, che la morte dei Loro Cari, conta meno della vincita al superenalotto?

Domenico Mazzullo
d.mazzullo@tiscali.it
www.studiomazzullo.com

domenica 16 agosto 2009

Dimissioni







Dimissioni. Una parola ormai desueta e quasi scomparsa, almeno dal vocabolario degli italiani, che comunque sempre poco l'hanno conosciuta, certamente assente e inesistente nello scarno vocabolario del signor Umberto Bossi, mi ripugna chiamarlo Senatore, per il rispetto che il sostantivo mi impone.
Dimissioni: "lasciare, abbandonare volontariamente una carica, quando essa non ci corrisponde più", così recita il mio dizionario, così ho imparato dai tempi di scuola, quando le prime dimissioni importanti che conobbi e che mi rimasero impresse, furono quelle dei Romani della età repubblicana, gente seria e coraggiosa, capace di dare le dimissioni, anche dalla vita stessa, quando essa non era più degna di essere vissuta, come fece Catone, quando il venir meno della libertà, Gli rendeva moralmente impossibile sopravvivere, come più tardi ci ha insegnato Seneca nei Suoi "Dialoghi" e nelle "lettere a Lucilio".
Tutte cose che , il signor Umberto Bossi, a scuola non ha imparato, ammesso che di scuola ne abbia frequentato qualcuna, perchè altrimenti ne avrebbe conosciuto e compreso il semplice ed elementare significato, evidente a chiunque, anche il più sprovveduto.
Se infatti una carica, un lavoro, una situazione qualsiasi non più mi corrisponde, nessuno mi trattiene, posso andarmene quando voglio, con dignità, manifestando così esplicitamente il mio dissenso.
Ho sempre considerato le dimissioni, anche quelle estreme, dalla vita, come un gesto di grande dignità e come l'espressione massima di libertà.
Ma come dicevo e mi ripeto per tema di non essere ben compreso, evidentemente il signor Umberto Bossi, questo termine non lo conosce e neppure evidentemente quello di dignità, mi sembra chiaro e lapalissiano.
Perchè, e mi sembra, ripeto, evidente, se nel suo vocabolario, questi termini fossero presenti e conosciuti, si affretterebbe a rassegnare le dimissioni dalla sua carica istituzionele di Senatore di una Italia che non riconosce, di una Nazione che odia, di un Paese di cui non si sente cittadino.
Nessuno lo trattiene. E' libero di andarsene, quando e come vuole, rinunciando naturalmente al cospicuo emolumento economico che la carica di Senatore comporta.
Ma questa, credo, sia una giusta rinuncia, dovuta alla coerenza con se stesso.
Il signor Bossi, dopo aver oltraggiato il Tricolore, la nostra Bandiera, il nostro Simbolo nazionale, per difendere il Quale, per conseguire il Quale, tanti Italiani sono morti, ora ci dice che nessuno conosce l'Inno di Mameli, l'Inno d'Italia.
Sinceramente non so e non riesco ad immaginare da dove abbia tratto questa constatazione, dalla quale scaturisce la sua affermazione.
Io e come me tantissimi della mia generazione, L'ho imparato a scuola, in prima elementare, a sei anni, quando il nostro Maestro, personaggio da libro Cuore, ce lo faceva cantare, in piedi, sugli attenti, prima dell'inizio delle lezioni.
Lo ascolto e Lo canto ancora, a bassa voce per non disturbare, tutte le mattine, quando alle ore 6 puntualmente, le trasmissioni di Radio 1 iniziano proprio con L'Inno di Mameli.
Ma forse a quell'ora il signor Bossi ancora dorme. Basta accendere la radio, per ascoltarlo e rammentarlo.
Vorrei anche rammentare al signor Bossi, ma per rammentare bisogna prima conoscere, che Goffredo Mameli, l'Autore del nostro Inno d'Italia, ha perso la vita a soli 22 anni, tra atroci sofferenze durate più di un mese e dopo aver subito l'amputazione della gamba destra in cancrena, per una ferita ricevuta in combattimento, al Gianicolo, nella difesa della Repubblica Romana dei Triumviri Mazzini, Saffi e Armellini, il 6 Luglio del 1849, sacrificando la propria giovanissima vita per creare e difendere quell'Italia che lui non riconosce.
Ho allegato, per conoscenza del signor Bossi, le immagini della Bandiera di guerra della Repubblica Romana e della Tomba di Goffredo Mameli al Gianicolo.
I fiori sono quelli che noi, che ancora crediamo in questi valori e ricordiamo l'Inno d'Italia deponiamo, ogni anno sulla Sua tomba, quando ricorre il giorno della Sua morte.
Il signor Bossi può leggere, incise sulla tomba, le dignitose parole della madre di Goffredo Mameli, orgogliosa di aver donato un figlio all'Italia.
Perchè il signor Bossi non viene a leggerle? Forse potrebbe imparare qualcosa.
Domenico Mazzullo

mercoledì 12 agosto 2009

Bieco illuminismo











« L'illuminismo è l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l'incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stessi è questa minorità se la causa di essa non dipende da difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! – è dunque il motto dell'illuminismo. Sennonché a questo illuminismo non occorre altro che la libertà, e la più inoffensiva di tutte le libertà, quella cioè di fare pubblico uso della propria ragione in tutti i campi. Ma io odo da tutte le parti gridare: — Non ragionate! — L'ufficiale dice: — Non ragionate, ma fate esercitazioni militari. — L'impiegato di finanza: — Non ragionate, ma pagate! — L'uomo di chiesa: — Non ragionate, ma credete. »
(
Immanuel Kant, Risposta alla domanda: che cos'è l'Illuminismo?)
Ricordo molto bene questa "Risposta" di Immanuel Kant, dai tempi, ormai molto lontani del Liceo.
Ricordo l'emozione che suscitò in me, già da allora, per la Sua lucidità e incisività di forma e di contenuti, contenuti che ancora ispirano ed illuminano il mio pensiero e le mie azioni, i miei ideali, nella vita e nella mia professione, che poi coincidono.
In questi anni ho molto letto e ascoltato a proposito di Illuminismo, ho visto molti aggettivi associati a Questo, a illuminarlo, esplicarlo, inserirlo storicamente, giudicarlo, criticarlo anche in alcuni Suoi aspetti e conseguenze, ma mai, dico mai avevo sentito, o visto associare al sostantivo "Illuminismo", l'aggettivo "bieco", come invece ha fatto ora la Cei, Conferenza Episcopale Italiana, che non rinunciando ancora una volta ad intromettersi negli affari nazionali della nostra Italia, ha violentemente criticato e censurato la sentenza del Tar del Lazio del 17 Luglio scorso, che sostanzialmente ha accolto il ricorso di ventiquattro soggetti, tra cui le Chiese evangeliche, valdese, luterana e l'unione comunità ebraiche, contro l'ordinanza dell'allora ministro Fioroni della PI (governo Prodi), ritenuta discriminatoria.
Secondo tale ordinanza del 2008 l'insegnamento della religione avrebbe concorso alla attribuzione dei crediti per l'esame di maturità.
La sentenza del Tar del Lazio sancisce, in poche parole, che l'ora di religione non fornirà crediti e i docenti non potranno partecipare, a pieno titolo agli scrutini.
Anche se non sono esperto di Diritto, ma con la logica terra terra di uomo qualunque, mi sembra evidente che tale sentenza del Tar, riporti la questione nell'ambito e nell'alveo di un lapalissiano concetto di giustizia, che però sfugge, o vuol essere proditoriamente ignorato, come molte altre volte, dalla Chiesa cattolica, che per bocca della Cei, rappresentata dalla voce di monsignor Coletti, ha definito vergognosa la sentenza del Tar, mentre il ministro Gelmini, attuale titolare del Dicastero della Pubblica Istruzione, ha annunciato il ricorso al Consiglio di Stato.
Sinceramente non conosco, nè immagino le ragioni del ministro Gelmini, mentre sono certo di conoscere e immaginare le ragioni della Chiesa cattolica, che si oppone strenuamente e proditoriamente ad ogni tentativo legittimo e sacrosanto di laicizzazione dello Stato italiano e di realizzazione di quella eguaglianza di ogni cittadino, credente o meno, sancita dalla nostra Costituzione.
Espressione e prodotto di "bieco Illuminismo" è stata definita dalla Chiesa cattolica tale sacrosanta sentenza, Chiesa cattolica, che quando si sente minacciata nelle proprie prerogative, nel proprio potere e nella propria volontà di coercizzare e soffocare le libere coscienze e il libero pensiero, cala finalmente la maschera e rinunciando agli ipocriti sorrisi e alla ipocrita e falsa benevolenza, cui è abituata e ci ha abituato, finalmente, dicevo, cala la maschera e mostra i denti, pronti a mordere e ad azzannare chi a lei si oppone con la forza della ragione e del diritto.
Comprendo bene e credo non sia necessario possedere la acuta intelligenza di un Einstein, di un Galileo, di un Newton, di un Leonardo, di un Giordano Bruno, di un Voltaire, per intuire come per tale chiesa il vero, grandissimo, acerrimo nemico, sia rappresentato, non dall'ateismo e dal materialismo, come invece si vorrebbe far credere, ma da quell'Illuminismo, da quel libero pensiero, da quella libertà e volontà di usare liberamente la propria ragione, da quella "assurda pretesa" dell'uomo di ragionare con la propria testa, di determinare liberamente il proprio destino e non piuttosto dover soggiacere alla volontà di altri che, senza nessun merito e nessun valore in più, vorrebbero insegnargli come e cosa pensare, sostituendosi, anche con l'uso della forza, alla propria libera coscienza.
Ecco allora spiegato facilmente il significato dell'aggettivo "bieco", fatto precedere al sostantivo "Illuminismo".
Per chi vuole coercizzare la libertà di coscienza, l'Illuminismo è sempre stato, è, e sarà bieco, nella sua volontà e determinazione, di illuminare e liberare il pensiero e la coscienza dell'Uomo.
Alla luce di tali pronunciamenti dobbiamo pensare che la battaglia di Galileo Galilei, di Giordano Bruno, di Keplero, di Lutero, di tutti gli "eretici" che sono finiti sui roghi della Santa Inquisizione, di Cavour, con il suo concetto di "libera chiesa in libero stato", noto anche ai bambini delle elementari, di Garibaldi, di Giuseppe Mazzini, dei Patrioti della Repubblica Romana, Repubblica Che solo per pochi mesi riuscì a liberare Roma dall'iniquo potere temporale del Papa, ma la cui Costituzione, promulgata quando Essa era già caduta, ha fornito il modello ispiratore della nostra attuale Costituzione repubblicana, dobbiamo pensare che la Loro battaglia per la Libertà non è ancora finita, anche se si combatte sugli stessi fronti, ma con modalità diverse.
Si combatte con modalità che la rendono più difficile, più sottile, più complessa, più insidiosa, perchè il nemico, come suo solito, non combatte in campo aperto, ma si insinua, si nasconde, si mistifica, si mimetizza e assume vesti e sembianze che lo rendono meno riconoscibile e per questo più temibile, si serve di alleati sottomessi e asserviti che a volte addirittura inconsapevolmente, ne assecondano gli intenti.
Pensavamo che i Bersaglieri a Porta Pia, il XX Settembre 1870, avendo liberato Roma e avendo posto fine, di fatto al potere temporale della Chiesa, avessero posto le basi di uno Stato italiano finalmente libero e laico, ma così non è stato purtroppo, anzi ci rendiamo conto ora che, liberata dalle pastoie di un potere temporale, la Chiesa è ancora saldamente detentrice di un potere ben più forte e temibile, quello sul pensiero e sulle coscienze, che ancora ahimè stentano e faticano a liberarsi e a rendersi autonome e indipendenti.
Non ci stupisce quindi che la Chiesa tenga tanto a far sentire la propria presenza e la propria influenza sul mondo della scuola e della educazione. E' lì che si formano le coscienze. E' lì che essa cerca di esercitare per prima il proprio pesante condizionamento.
Una coscienza che in quei primi anni di vita non impara ad essere libera, ben difficilmente riuscirà a farlo in seguito.
Per questo la nostra vigllanza e la nostra opposizione ad ogni forma di asservimento e condizionamento, proprio lì deve essere particolarmente attiva e presente, proprio lì deve essere presente il nostro "bieco" Illuminismo.
In uno Stato laico, in uno Stato in cui tutti i cittadini dovrebbero essere uguali, secondo quanto dettato dalla Costituzione, perchè gli insegnanti di religione, nominati direttamente dal Vescovo, debbono essere de jure, considerati di ruolo, mentre gli insegnanti di tutte le altre discipline debbono sostenere dei selettivi concorsi, rimanendo spesso precari a vita?
E' bieco Illuminismo opporsi a questa ingiustizia?
Domenico Mazzullo

mercoledì 20 maggio 2009

Vorrà dire qualcosa?

Il Giornale, 22. “Sbattezzatemi”: boom di richieste per abbandonare la fede cattolica. Solo a Milano ci sono stati 200 casi nel 2008 e quest’anno potrebbero raddoppiare. Non si tratta di una cerimonia ma di una annotazione formale sul registro di Battesimo. In media sono persone adulte che vogliono troncare i rapporti con la religione. Monsignor Manganini: “Tendenza inquietante. Noi speriamo si ravvedano”.

Sono felice di essere stato un precursore di questa pratica. Forse le persone cominciano a rendersi conto...
Domenico Mazzullo
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Non mi sento di esprimere altro commento

mercoledì 18 marzo 2009

AIDS


Sappiamo ormai per certo tutti, che Papa Benedetto XVI è, per voce unanime, un grande teologo, anche se ancora non ho ben capito in cosa consista questa grandezza, ma sinceramente ignoravo che fosse anche un grande immunologo, infettivologo, virologo e perchè no, anche epidemiologo, alla luce delle strabilianti rivelazioni fatte da Questi in tema di AIDS, nel Suo viaggio in Africa, paese, come tutti sappiamo, flagellato crudelmente da questa pandemia.
"Il preservativo non serve contro l'AIDS, anzi addirittura può peggiorare il problema".
Questa la straordinaria rivelazione del Santo Padre, che fa piazza pulita e smentisce d'un sol colpo, quanto gli scienziati ci vanno dicendo da anni in tutte le lingue, in tutte le occasioni e in tutti i luoghi, comprese le scuole in apposite conferenze e corsi educativi per gli studenti.
Umanità, contrordine. Quanto Vi abbiamo detto fin ora e raccomandato, è assolutamente errato, falso, non vero, addirittura pericoloso e controproducente.
Usare il preservativo, unica arma certa e sicura contro l'epidemia di AIDS e le altre malattie sessualmente trasmesse è inutile e dannoso.
Questo è quanto il Santo Padre ha affermato a chiare note e con adamantina sicurezza e certezza alla popolazione del continente che offre un tributo altissimo a questa terrificante malattia.
Immagino certo, che gli studi teologici debbano aver fornito al Santo Padre materia e strumenti di profonda conoscenza e scienza, anche in ambito medico, epidemiologico, immunologico, se Egli è arrivato a tali strabilianti conclusioni, in apparente contrasto e palese opposizione a quanto la Medicina di tutto il mondo, fin ora ci ha raccomandato.
A meno che, e mi sorge perentorio l'interrogativo e il dubbio, le competenze in ambito teologico, non forniscano, automaticamente, de iure, competenze in tutti gli altri campi e ambiti dello scibile umano, compresa la Scienza, che altrimenti sarebbero riservate, solo ed esclusivamente, a chi di tali ambiti si occupa specificatamente e specialmente.
Ma nel momento stesso in cui mi assale questo dubbio, mi rendo conto di pensare e pronunciare banalità, essendo questo un problema che sussiste da secoli, da quando la Scienza si è arrogata, autonomamente il diritto di ragionare con la testa propria e di non essere più sottomessa alla Fede, ribellandosi ad una sudditanza fin lì accettata come naturale. Mi sovviene, mi torna alla mente una frase di un tal Galileo Galilei "eppur si muove", pronunciata con ipocrita arroganza, a bassa voce per non essere sentito, di fronte al Sant'Uffizio che lo aveva appena lasciato libero dopo la sua abjura.
E i tempi evidentemente non sono cambiati, se presunti scienziati, o sedicenti tali, si permettono di smentire ed entrare in contrasto con le parole del Santo Padre, il quale afferma a chiare lettere che il preservativo non serve. E se lo dice Lui possiamo e dobbiamo fidarci viste le Sue competenze
E naturalmente il Santo Padre, nel momento in cui ci spunta l'arma fallace del preservativo, nella quale avevamo fin qui creduto, ci fornisce invece una
veritiera e specifica soluzione, rivoluzionaria nella sua semplicità: "cure gratis per tutti i malati di AIDS".
Forse però il Santo Padre, in veste neonata, di immunologo-infettivologo-virologo-epidemiologo ha dimenticato, ma certamente si è trattato di un lapsus linguae, che ben diversa è la prevenzione di una malattia, in questo caso l'AIDS che si esercita con il preservativo, dalla cura, la terapia, di una malattia stessa che già ci ha colpito, che si esercita con cure, magari gratis ai già affetti da questa malattia. Si tratta di due momenti netti e distinti, differenti.
Ma è un piccolo trascurabile particolare, una lievissima dimenticanza, facilmente perdonabile a chi, come il Santo Padre, sia costretto ad occuparsi, oltre che della teologia, di tantissime altre cose, quali anche l'AIDS.
Domenico Mazzullo

lunedì 9 febbraio 2009

Eluana

La Chiesa:
"Dio li perdoni per tutto quello che le hanno fatto".

Dio perdoni la Chiesa per tutto quello che ha fatto, e continua a fare, anche ora, con queste parole.

Domenico Mazzullo

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Silenzio

Cara Eluana,finalmente hai trovato la Tua pace.
Noi che ancora non la abbiamo trovata, ci stringiamo attorno a Tuo papà ringraziandoLo per ciò che ci ha insegnato, con la Sua determinazione, il Suo coraggio, il Suo rispetto e amore per Te.
Grazie di cuore.
Addio.
"Il filo è spezzato e l'uccello è volato via"
Herman Hesse

Domenico Mazzullo

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domenica 8 febbraio 2009

Ancora su Eluana

Questo scritto è listato a lutto, perchè Eluana sta raggiungendo, finalmente, la Sua quiete, ma anche perchè la Sua vicenda dolorosa, divenuta troppo pubblica, è stata presa a pretesto per una lotta politica e mediatica, che nulla ha a che vedere con la Sua vita e la Sua morte, e segna, a mio parere, come altri episodi simili, definitivamente, la morte della Umanità, di quel sentire umano, di quel rispetto umano, di quella umana pietas, che sembra aver definitivamente abbandonato il "genere" che ancora orgogliosamente si autodefinisce "umano", senza più nulla avere delle sue prerogative.
Bene ha fatto il papà di Eluana, Beppino Englaro, ad invitare il Presidente della Repubblica e il Presidente del Consiglio a recarsi a Udine, per rendersi conto personalmente delle condizioni di Sua figlia. Ne riporto testualmente le parole perchè sono illuminanti ed educative per tutti noi." Sono il tutore di Eluana Englaro, ma in questo momento parlo da padre a padre, rivolgendomi al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, per invitare entrambi, ed essi soli, a venire a Udine per rendersi conto di persona e privatamente, delle condizioni effettive di mia figlia Eluana, su cui si sono diffuse notizie lontane dalla realtà, che rischiano di confondere e deviare ogni commento e convincimento".
Parole che suonano come una ideale, dignitosissima risposta, a quanto detto dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e indirettamente rivolto al papà di Eluana:" A me sembra che non ci sia altro che la volontà di togliersi di mezzo una scomodità. Io al contrario non riuscirei a fare una cosa del genere con mia figlia. Non me la sentirei di staccare la spina. Capisco che sono 17 anni, ma perchè tanta fretta proprio ora?".
Io voglio sperare e mi auguro, che le parole di Silvio Berlusconi, siano "una voce di sen fuggita", perchè altrimenti sarei costretto a rimarcare la superficialità, l'arroganza e l'irriverenza, di chi pronuncia certe frasi ed esprime certi giudizi, senza avere piena e sofferta cognizione dei fatti e delle persone.
Io ho avuto modo di conoscere personalmente Beppino Englaro e di parlare a lungo con lui, in tempi non sospetti e quando la vicenda di Eluana non era ancora divenuta argomento di prima pagina dei giornali.
Non ho mai, ripeto mai, avuto il seppur minimo sospetto che Beppino Englaro fosse animato dal seppur minimo e recondito intento di togliersi di mezzo una scomodità, come invece sostiene il Presidente del Consiglio, Che certo ha mezzi e strumenti più appropriati dei miei, per valutarne le reali intenzioni.
Vorrei che Eluana trovi al più presto la Sua pace e che su di Lei cali un rispettoso silenzio, ma mi rendo conto che questo è un desiderio irrealizzabile.
Per fortuna, sulla questione abbiamo anche l'autorevole sentenza di Adriano Celentano, che senza esserne richiesto ha espresso il suo meditato giudizio.
Ne sentivamo il bisogno.
Domenico Mazzullo
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martedì 3 febbraio 2009

Quiete


Eluana Englaro ha raggiunto questa mattina la casa di cura "La quiete" di Udine. Mi auguro e Le auguro di trovare finalmente lì la Sua quiete.
Sono allibito e agghiacciato dalle immagini raccapriccianti trasmesse ora dal Telegiornale, riguardanti il Suo trasferimento in ambulanza verso il luogo ove finalmente riuscirà a por fine, tranquillamente alla Sua non vita.
L'ambulanza è stata letteralmente assaltata, aggredita, a mo' di assalto alla diligenza, da un gruppo di facinorosi, scalmanati, criminali, che invece di rispettare il silenzio, il dolore, la dignità che questa situazione dovrebbe imporre, hanno cercato violentemente di arrestarne il viaggio verso la sua destinazione.
Viviamo in un paese civile? Sono abbondantemente adulto eppure, e ne sono contento, sono rimasto sconcertato, allibito,agghiacciato da queste immagini e dalla violenza dimostrata, dalla assoluta mancanza di comprensione e di rispetto da parte di questi fanatici idioti che mi fanno vergognare, ed è la prima volta, di essere italiano.
Fanno eco a questa dimostrazione di assurdo, idiota, ignorante fanatismo le parole della chiesa, in primis del cardinale Barragan."Fermate la mano assassina".
Si commentano da sole e provengono da un esponente di quella stessa chiesa che si è macchiata di crimini orrendi, quali l'inquisizione, i roghi degli eretici, il rogo di Giordano Bruno, il martirio dei patrioti Targhini e Montanari, di Angelo Brunetti detto Ciceruacchio e di Suo figlio Lorenzo di appena 13 anni, della persecuzione dei "perfidi ebrei", dei casi di pedofilia da parte di religiosi e di tanti altri delitti, ingiustizie e vessazioni, per le quali il vero miracolo è rappresentato dal fatto che dopo 2000 anni, ancora ci siano persone che credono in lei e che si uniformano ai suoi precetti.
L'unica parola che mi viene alla mente è VERGOGNA.
Domenico Mazzullo

martedì 27 gennaio 2009

Misericordia








Il Papa Benedetto XVI, coerentemente con i suoi principi e con la sua ideologia, ha revocato la scomunica ai vescovi ribelli, nominati da Lefebvre, compiendo un atto di misericordia, secondo quanto espresso dalla voce vaticana.
Questi sono fatti interni al Vaticano, che non comprendo, ma non mi riguardano e non mi interessano.
Però, guarda caso, tra i vescovi perdonati, dalla misericordia papale, c'è anche il vescovoRichard Williamson, che sarebbe rimasto un vescovo pressocchè sconosciuto ai più, se non fosse per il trascurabile particolare che questo alto prelato ora riammesso alla comunione, ha sempre negato e continua a negare l'Olocausto di sei milioni di ebrei e afferma che i forni crematori non sono mai esistiti e che sono il frutto di un abile fotomontaggio.
Per quanto riguarda le affermazioni del vescovo, io esorterei il Vaticano a organizzare, a proprie spese, un viaggio educativo, che io stesso ho compiuto, mediante il quale potrebbe vedere e toccare con mano quei forni crematori di cui nega l'esistenza, con tutti gli annessi e connessi, ma a titolo personale mi chiedo, come faccia il capo della chiesa cattolica a riammettere in seno a questa, un alto prelato che così evidentemente mistifica e nega una tragica, angosciosa realtà che pesa e peserà per sempre sulla coscienza della umanità.
Il Vaticano si difende e si è difeso dalle critiche, affermando che le posizioni e le affermazioni del vescovo negazionista, sono a titolo personale e non rispecchiano il punto di vista del Vaticano.
Ora mi sembra ridicolo, se non fosse tragico, che si permetta ad un alto esponente della chiesa di esprimere opinioni così offensive e così chiaramente false e tendenziose, trincerandosi dietro la debole e risibile affermazione che esse sono opinioni personali e non rispecchianti il punto di vista della chiesa.
A meno che, ma l'ipotesi mi fa orrore al solo pronunciarla, invece queste personalissime opinioni non siano piuttosto in linea con l'atteggiamento perennemente antisemita della chiesa cattolica, che una volta di più si manifesta nella sua squallida e offensiva chiarezza. La Storia insegna.
A proposito poi dell'atto di misericordia papale, mi sconcerta il fatto che questa straordinaria e onorevolissima misericordia, si sia rivolta a favore di vescovi ribelli, tra i quali quello prima menzionato e che nulla hanno fatto, o detto per essere perdonati e non si è per nulla mossa a compassione per concedere i funerali religiosi a Piergiorgio Welby reo di aver desiderato addirittura la morte, come liberazione da una vita divenuta per lui insopportabile.
Due pesi e due misure, si sarebbe detto una volta, ma i tempi sono cambiati.
Domenico Mazzullo

domenica 25 gennaio 2009

Arroganza

Il Vaticano, unica voce discordante, non si è unito al coro osannante di tutto il mondo per l'incoronazione di Barack Obama a Presidente degli USA, novello Messia dal quale ci si attende una miracolistica soluzione a tutti i problemi del pianeta.
I suoi primi provvedimenti in tema di aborto hanno suscitato le ire del Vaticano, i cui esponenti di maggior spicco si sono espressi con immediata, straordinaria, non abituale durezza, vista l'importanza da loro attribuita ai temi in questione.
Il presidente emerito della Pontificia Accademia della Vita, mons. Elio Sgreccia ha detto testualmente:"Tra le tante cose buone che poteva fare, ha scelto la peggiore". Mentre l'attuale presidente in carica della Pontificia Accademia della Vita, mons. Rino Fisichella ha usato toni e parole ancora più dure e forti, tacciando e accusando il Presidente Obama "dell'arroganza di chi si crede nel giusto".
Evidentemente l'ineffabile mons. Fisichella affermando questo è implicitamente convinto, ma non arrogantemente, di essere assolutamente ed innegabilmente, lui, nel giusto.
Se ne deduce quindi che, per mons. Fisichella, inevitabilmente e incontrovertibilmente è arrogante chi esprime pareri e opinioni discordanti dal personalissimo"suo giusto".

Domenico Mazzullo
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venerdì 23 gennaio 2009

Non è il paese degli ayatollah


"Non viviamo in una repubblica di ayatollah, nella quale il diritto religioso fa premio sul diritto civile".
Con questa frase, chiara, lapidaria, sicura del proprio diritto e della propria legittimità, Mercedes Bresso, presidente della Regione Piemonte, ha risposto al Cardinale Poletto, il quale, intervenendo ancora e proditoriamente sul tristissimo caso di Eluana Englaro, ha esortato i medici cattolici a fare obiezione.
Grazie, Signor Presidente per la Sua presa di posizione, chiara, esplicita, determinata, netta e finalmente libera dai funambolismi letterari di tanti politici che, per non scontentare nessuno, non esprimono mai chiaramente il proprio parere.
Ha espresso chiaramente il proprio parere, o meglio il proprio diktat, il Cardinale Poletto con l'arroganza e la prosopopea tipica della Chiesa cattolica, quando vede toccati i propri interessi.
Ne riporto integralmente le parole:
" La legge di Dio non può mai essere contro l'uomo. La legge di Dio è sempre per l'uomo. Andare contro la legge di Dio significa andare contro l'uomo. Dunque se le due leggi entrano in contrasto è perchè la legge dell'uomo non è una buona legge e si rivelerà tale dai suoi frutti.".
Ho voluto riportare integralmente le parole del Cardinale Poletto, perchè al lettore non possa sfuggire la gravità, l'arroganza e il significato offensivo nei confronti del nostro Stato e delle nostre Leggi.
Prima di tutto il Cardinale non tiene conto, che non tutti gli uomini credono necessariamente in Dio e quindi per chi non crede, il suo discorso è privo di valore; in secondo luogo il Cardinale presume, con prosopopea tutta cattolica, che tutti gli uomini credenti, credano nel "suo" Dio , nel Dio cristiano e che quindi le leggi di questo Dio, automaticamente valgano per tutti i credenti; terzo, e questo ultimo punto è a parer mio ancora più grave ed offensivo e tutto il mondo laico dovrebbe insorgere, il Cardinale Poletto dimentica, o fa finta di non ricordare, che l'Italia è uno Stato libero e sovrano, con Sue Leggi, che tutti i cittadini sono obbligati a rispettare e che uno stato straniero, quale è il Vaticano non ha nessun diritto di interferire e sindacare sulle nostre Leggi, per bocca di suoi rappresentanti, o esponenti.
L'invito del Cardinale Poletto, rivolto ai medici cattolici, a fare obiezione equivale alla istigazione da parte di un rappresentante di uno stato straniero, a disattendere e non rispettare le nostre Leggi, il che mi appare un atto gravissimo, irrispettoso e apertamente ostile nei nostri confronti.
In virtù di quale principio o ragione dovremmo tollerarlo?
Domenico Mazzullo

giovedì 22 gennaio 2009

Quesito

Ho ricevuto, da una Persona, che mi onora della Sua amicizia una lettera che mi propone un quesito, lettera che riporto integralmente, avendone chiesto autorizzazione e alla quale faccio seguire la mia risposta, non per desiderio di protagonismo, ma perchè penso che la stessa domanda possa essere stata di molti.

"Carissimo dottor Mazzullo, dopo molto tempo torno a importunarla con le mie solite insofferenze, questa volta indirizzate ad eventi infarciti, a parer mio, di assurdità e privi assolutamente di logica Queste mie insofferenze, sempre più frequenti, visibili e… udibili (per la deprecabile abitudine che sto prendendo di imprecare e maledire a alta voce), sono la conseguenza della cronaca che ci arriva quotidianamente in mille modi: dai giornali alla tv, da internet agli sms e quant’altro possa giungere al nostro sovraccaricato cervello.
Ora per chiarire il mio pensiero e arrivare alla solita crudele domanda che le farò e che lei sicuramente si aspetta, cercherò di dare ordine alle mie inquietudini e per non fare un lungo e irritante (per me) elenco dettagliato, andrò avanti per grandi linee.
Mentre pranzo, sempre in maniera molto parca vista ormai l’età, faccio però la solita abbuffata di notizie propinate appunto dai vari tg che uso seguire ogni giorno e che, come sicuramente avrà notato anche lei, riportano con regolare frequenza la presenza e/o la difesa di eventi e di personaggi che si sono distinti per fatti di cronaca nera o di malefatte nei confronti della società: Battisti, l’omicida difeso dai brasiliani e da larga parte degli intellettuali francesi, per non parlare dei tanti italiani; Luciano Moggi, autore indiscusso della più disgustosa pagina dello sport italiano che, evidentemente colpevole e ancora con vari processi da subire, viene amorevolmente soccorso e difeso da vari media e personaggi (squallidi) dello stesso settore; Ancora, la sentenza che consente a un pluriomicida, che ha assassinato madre, padre e fratello, di ereditare le proprietà immobiliari dei defunti genitori. (Come recita quel detto “si rivolteranno nella tomba”. Credo che in questo caso calzi veramente a pennello); Addirittura La Corte Suprema Europea della Giustizia (sic!) che condanna il governo italiano a risarcire gli autori degli ecomostri abbattuti sul lungomare di Bari per “violazione della proprietà privata” (??????). Vorrei anche aggiungere il comportamento delinquenziale di alcuni (leggi Diego Maradona) e quello di evasione e frode fiscale di famosi vip italiani (Tomba, Loren, Pavarotti, Valentino Rossi e molti altri) che sono stelle intoccabili, veri e propri beniamini che escono da queste vicende senza subire la benché minima scalfittura, che invece lascia ammaccati e doloranti quanti con le stesse malefatte non hanno la stessa fortuna di essere famosi. Infine, ma solo un accenno, gli innumerevoli personaggi che già condannati (Sofri) o implicati o addirittura accusati, di efferati delitti (Cogne, Garlasco, Perugia, Erba, per citare solo i più famosi e più recenti) anch’essi ospiti di tv e giornali, quando non soggetti di film o romanzi con tanto di presentazione davanti a personalità e amici. Con una presenza così invadente da farli diventare volti “amici”. Insomma quasi una gara tra network a scoprire il divo del momento nonostante tutto. Quasi a premiarlo.

Ecco questa…come possiamo definirla, abitudine? Va be’ diciamo così. Questa abitudine di correre in aiuto di chi sbaglia la ritengo una vera e propria istigazione a delinquere. Piano piano comincio a pensare che quei giovani, che commettono reati incredibili e subito dopo vengono acciuffati dalle forze dell’ordine: stupri, violenze di gruppo nei confronti di tanta gente, la distruzione di scuole e spazi pubblici, facciano queste cose per essere scoperti, sicuri che pagheranno poco o niente, ma avranno in più la possibilità di finire anche loro nel firmamento mediatico.

La mia domanda è proprio questa dotto dottor Mazzullo, è possibile che questi esempi vengano interpretati da pochi (per fortuna) giovani che sanno che qualunque cosa commettano l’impunità è quasi certamente garantita dalla follia e dalla illogicità sociale di questi anni bui che stiamo vivendo?
Un caro saluto, con immutata e devota amicizia,
Roberto Gruppo"

Caro Amico,

certamente Lei conoscerà Wolfgang Goethe, il famosissimo poeta e scrittore tedesco, autore, in piena età romantica, tra le altre cose di "Le affinità elettive" e di "I dolori del giovine Werther" che si conclude con la morte, autosomministratasi, del protagonista, il giovane Werther, (leggasi suicidio), vittima delle sue pene d'amore e dei Suoi problemi morali.

Ebbene, il lungimirante e attento governo germanico, nonostante l'indubbio valore artistico, si vide costretto, ad un certo punto, a proibire la pubblicazione dell'opera, a causa della epidemia di suicidi che si era diffusa tra i romantici giovani tedeschi, impressionati dalle vicende di Werther e in preda a raptus suicidi per imitazione.

Nella nostra epoca attuale, molto meno romantica e più prosaica, noi psichiatri parliamo di "effetto Werther" quando la pubblicazione sulla stampa, o la diffusione in televisione di notizie e particolari riguardanti il suicidio, per lo più di un adolescente, provocano ancora un fenomeno imitativo in coetanei impressionati e colpiti dal gesto.

Forse, e lo dico senza alcuna ironia, ma con la tragica serietà che si addice ad un fenomeno grave ed inquietante, soprattutto perchè riguarda i giovani, ci troviamo, mutatis mutandis, di fronte ad un novello "effetto Werther", certo molto meno romantico e suggestivo, ma perfettamente in linea con i nostri tempi disgraziatamente degenerati.

Caro Amico, con la speranza di aver soddisfatto il Suo quesito e la consapevolezza di averLa ulteriormente rattristata, La saluto caramente.

Domenico Mazzullo

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