martedì 18 maggio 2010

Si dice il peccato....





Si dice il peccato....ma non il peccatore, recita un vecchio proverbio di quella acuta e inalienabile saggezza popolare fatta spesso di luoghi comuni e di sentenze ovvie e lapalissiane, mai sottoposte a critiche e riflessioni e come tali accettate per buone e vere, espressione di quella verità che conforta e rassicura gli spiriti semplici bisognosi di certezze e nemici del dubbio, che invece insinua interrogativi pericolosi e sconcertanti, togliendo il sonno e disturbando il placido scorrere della nostra esistenza.
Come tale mi è sembrato il discorso del Papa domenica scorsa a piazza San Pietro, di fronte ad una folla osannante e giunta da ogni dove, a rendergli omaggio in questo momento difficile per lui e per la Chiesa che rappresenta e comanda, a sostenerlo e confortarlo, a proteggerlo e difenderlo dagli attacchi che da tante parti riceve in questo momento, a proposito del ben noto scandalo pedofilia in seno alla stessa Chiesa.
Eppure a ben leggerne le parole, da lui pronunciate e pubblicate su tutti i quotidiani di ieri, lunedì, qualcosa non mi convinceva, qualcosa mi suonava stonato, stridulo, pretestuoso, inappropriato e non convincente, dietro una apparente ovvietà e quasi banalità di contenuto, prevedibile quanto prevista ed attesa.
Solo oggi, a mente fresca, tanto per usare un altro luogo comune, ho scoperto, ho compreso la ragione, la logica di quel sottile fastidio, di quell' impalpabile disagio che ho provato e continuo a provare di fronte alle "innocenti" sue parole di domenica e che riporto integralmente per chi non le rammentasse:" Il vero nemico da temere e combattere è il peccato, il male spirituale, che a volte, purtroppo, contagia anche i membri della Chiesa. Viviamo nel mondo, ma non siamo del mondo, anche se dobbiamo guardarci dalle sue seduzioni. Dobbiamo invece temere il peccato e per questo essere fortemente radicati in Dio, solidali nel bene, nell'amore e nel servizio. E' quello che la Chiesa e i suoi ministri, unitamente ai fedeli, hanno fatto e continuano a fare con fervido impegno per il bene spirituale e materiale delle persone in ogni parte del mondo.....Proseguiamo insieme, con fiducia questo cammino, e le prove, che il Signore permette, ci spingano a maggiore radicalità e coerenza.".
"Voilà il gioco è fatto" direbbe un provetto prestigiatore, o illusionista come si sarebbe chiamato nell'ottocento, di fronte ad una platea gremita di allibiti e stupefatti spettatori rapiti dai rapidi gesti dell'artefice del giuoco di prestigio, che avrebbe fatto miracolosamente sparire, volatilizzare un oggetto fino ad allora presente e visibilissimo, concreto e indiscutibile nella sua materialità.
Con la stessa maestria, il Papa nel suo discorso ha operato un giuoco di prestigio ben più difficile ed affascinante adoperando la ben più ardua e complessa, sottile arte delle parole a confronto con quella dei gesti, arte delle parole che la Chesa ha esercitato ed affinato in più di duemila anni di pratica del potere.
In un attimo infatti, di fronte ad una platea rapita ed attonita, osannante ed adorante il Santo Padre, con un abile quanto sottile discorso, ha fatto il miracolo, di far scomparire improvvisamente e mirabilmente le colpe e le responsabilità personali dei sacerdoti rei di essersi macchiati del crimine più abietto e riprovevole per chi si arroga il diritto di educare, di indicarci la strada, di assolvere e perdonare, o di condannare i fedeli, ossia il crimine della pedofilia, ai danni di bambini ed adolescenti loro affidati e con esso le colpe e le responsabilità di coloro che sapendo hanno taciuto e coperto, per difendere e proteggere il buon nome della Chiesa.
Come è potuto avvenire tutto questo? Semplice e d elementare.
Nel discorso del Papa sono scomparse le responsabilità personali e le colpe gravissime dei singoli sacerdoti, sostituite dal "peccato" in generale, entità astratta, incorporea, ineffabile, che permea e pervade l'umanità intera e che a mo' di virus di una temibilissima epidemia, contagia tutti gli uomini e tra questi anche, purtroppo, talvolta i membri della Chiesa.
Dai miei ricordi degli studi di Medicina, mi sembra di rammentare che il contagio per opera di un agente patogeno, avvenga nei confronti di una vittima che passivamente, involontariamente lo riceve, lo subisce, ammalandosi e non piuttosto con una attiva e volenterosa partecipazione di un artefice, che lungi dal subirlo, lo agisce e lo esercita, facendo egli invece delle vittime innocenti.
Analogamente mi sembra che i sacerdoti pedofili e coloro che in seno alla stessa Chiesa li hanno protetti e coperti, si siano attivamente prodigati ed affaccendati alacremente per essere contagiati da questo virus del "peccato", per usare le parole del Papa, così diffuso nella umanità intera e anche in quegli ambienti che, arrogandosi il compito di curare le anime, dovrebbero esserne immuni.
Così, con un'abile e sottile manovra dialettica il Papa ha trasformato i volenterosi colpevoli di pedofilia, da consapevoli e coscienti peccatori, in vittime anche esse del contagio, da parte del misterioso morbo denominato "peccato", privandoli d'un sol colpo di ogni responsabilità e colpevolezza, capovolgendo il loro ruolo da quello di artefici, in quello di vittime.
Non contento di questo però, il Santo Padre, con un brillante guizzo di ingegno, nell'ultimo passo delle sue parole, sopra riportate , ha anche trasformato le precise e ingenti, incontestabili e inconfutabili responsabilità della Chiesa, per opera dei suoi membri e dei suoi rappresentanti, in "prove che il Signore permette", e che quindi il Signore propone alla Sua Chiesa per spingerla a "maggiore radicalità e coerenza", citando le parole testuali del Papa.
Mi chiedo a questo punto se le vittime innocenti dei preti pedofili e dei loro consapevoli
protettori siano felici e soddisfatte, orgogliose di essere ritenute dal Papa inconsapevoli e involontarie "prove", che il Signore utilizza per stimolare la Sua Chiesa a "maggiore radicalità e coerenza".
Domenico Mazzullo

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