domenica 28 dicembre 2008

Regalo di Natale



Natale è da poco trascorso e anche in Esso, come in ogni umana cosa, quando questa è finita, si possono stilare bilanci, tracciare consultivi, cercare significati a posteriori.
A Natale viene spontaneo e quasi d'obbligo il computo dei regali e la loro classifica, o meglio suddivisione in belli e brutti, in buoni e cattivi, come a scuola, in regali da trattenere, o da riciclare nel prossimo anno, ma se andiamo solo un poco oltre le apparenze, se ci spingiamo solo un poco oltre il confine del visibile e percepibile con gli occhi, allora ci accorgiamo che sono tutti belli, quando scopriamo, in essi, l'affetto di chi ce li ha donati.
I miei sono stati tutti belli, segno che per fortuna, non per merito, ho goduto di molto affetto, ma tra questi uno mi è particolarmente caro ed è unico nella sua specificità: una lettera proveniente da una città della Sicilia.
In essa con una grafia che non ho tardato a riconoscere, avendo ricevuto altre lettere dalla stessa persona, accanto, anzi successivamente ai classici auguri di buon Natale e felice Anno Nuovo, quasi a voler sottolineare, modestamente, umilmente, la minor importanza della notizia rispetto agli auguri, quasi in sordina, sommessamente, vergognosamente, l'annuncio, il racconto, di quello che, immagino, certamente è stato uno degli eventi più emozionanti, commoventi, felici e significativi della propria vita.
La persona da cui ricevevo la lettera era una persona ora definitivamente trasferitasi in Sicilia, sua terra natia, ma che avevo seguito per anni, come psichiatra, qui a Roma, ove era fuggita e aveva trovato rifugio dopo esser stata rifiutata, disconosciuta, ripudiata dalla Sua famiglia.
Seguito dicevo, o forse meglio accompagnato, nel Suo lento, difficile, doloroso e coraggioso cammino di cambiamento di sesso, da quello maschile a quello femminile.
Il nostro rapporto è iniziato, ormai molti anni fa, quando, fuggita dalla Sua Sicilia e rifugiatasi a Roma, apparteneva ancora al sesso maschile, è proseguito per tutta la difficile e complessa fase di avvicinamento e di preparazione fisica e psichica, all'intervento chirurgico di cambiamento di sesso ed è continuato dopo questo, quando una nuova vita cominciava per la mia paziente, finalmente stabilitasi e riappropriatasi del sesso che da sempre sentiva come il suo.
L'intervento, che ha rappresentato certo uno spartiacque tra due frammenti di vita, che ha segnato inequivocabilmente un "prima" e un "dopo", nella esistenza dolorosa della mia paziente, ha rappresentato contemporaneamente un punto di arrivo e un punto di partenza per una nuova vita, comunque ancora irta di difficoltà, di incertezze, di dolori, di ingiustizie e di incomprensioni, di solitudine e di momenti di drammatico sconforto.
Di tutto questo io sono stato inadeguato, imperfetto, impreparato testimone e partecipe, nel tentativo di arrecare quel poco aiuto che la Scienza e la umana solidarietà può fornire a situazioni così disperatamente difficili e dolorose, di cui chi è vittima non è minimamente responsabile e spesso soffre, in aggiunta, della incomprensione di chi è vicino e anche un po' meno vicino, di chi dovrebbe capire e aiutare e invece si gira dall'altra parte per non vedere, per non essere costretto a vedere, ciò che disturba i nostri sensibili sensi e si trincera e si difende, dietro pregiudizi e giudizi frutto di ignoranza, che offendono chi li formula e non chi li riceve.
Di tutto questo è stata vittima per anni la mia paziente, cresciuta e vissuta in una famiglia del profondo sud, ove il concetto di mascolinità, come attribuzione e diritto di superiorità è ancora molto presente e duro a morire. Tutto questo La costrinse, quando la Sua decisione era ormai stata presa e comunicata, a fuggire da una famiglia che, lungi dall'appoggiarLa e confortarLa, La aveva al contrario rifiutata e abbandonata, disconoscendoLa e ripudiandoLa come causa e espressione di vergogna e scandalo.
Tutto questo rappresentava il motivo di maggior dolore e disperazione per la mia paziente, nei lunghi e difficili anni romani, tutto questo rappresentava oggetto dei nostri colloqui, che spesso, purtroppo, si riassumevano in un lungo, continuo, inarrestabile pianto dirotto e incontenibile; tutto questo portò la mia paziente a tentare, per fortuna senza riuscirvi, di por fine alla Sua vita e con essa alle Sue sofferenze. Tutto questo era riassunto, nella lettera che ho ricevuto, in una sola parola, "passato", intendendo Lei con questo, tutti gli anni trascorsi e sofferti.
"Carissimo dottore il mio passato è finito; i miei genitori e i miei fratelli hanno capito e ora faccio parte di nuovo della mia famiglia, seppur con un nome diverso".
Per uno psichiatra ormai sessantenne, forse non è dignitoso commuoversi, ma nel leggere quelle semplici, poche parole, che riassumevano il dramma di anni, non ho potuto, non ho voluto trattenere la commozione e l'emozione. Per mia fortuna ero solo nel mio studio.
E leggendo quella frase, semplice eppure così profonda e significativa, non ho potuto fare a meno di ripensare, con sdegno e con vergogna alle parole che il Papa, solo pochi giorni prima aveva pronunciato, a questo proposito, sull'argomento e che riporto testualmente perchè chi non le abbia ascoltate, o non le ricordi, possa riflettere, se lo vuole, sul loro significato:"La Chiesa ha una responsabilità verso il creato e deve farla valere anche in pubblico. Ha la responsabilità di proteggere anche l'uomo contro la distruzione di se stesso. E' necessaria una ecologia dell'uomo. Non è una metafisica superata, se la Chiesa parla della natura dell'essere umano, come uomo e donna e chiede che quest'ordine della creazione venga rispettato. Disprezzare quest'ordine, sarebbe un'autodistruzione dell'uomo e una distruzione dell'opera stessa di Dio. Ciò che viene inteso con il termine "gender" è il tentativo dell'uomo di autoemanciparsi dal creato e dal Creatore. L'uomo vuole farsi da solo e disporre sempre esclusivamente da solo ciò che lo riguarda. Ma in questo modo vive contro la verità e contro lo spirito Creatore".
Belle parole, teologicamente perfette, ma distanti mille miglia dalla realtà umana, semplice, spesso drammatica, dolorosa, complessa e molte volte incomprensibile.
Benedetto XVI, il Papa teologo, è certamente molto esperto di Dottrina, ma lontanissimo dalla umana comprensione, dall'umana solidarietà verso chi, meno fortunato e non certo per sua colpa, cerca di dare alla propria vita un assetto migliore, cerca, con dolore e con fatica, una propria identità, perduta o mai conosciuta. Benedetto XVI chiuso nella torre d'avorio della sua teologia, chiuso nelle soffuse atmosfere del Vaticano, nulla conosce delle sofferenze e delle nobiltà di quel gregge che pretende di custodire.
E questa sarebbe una Chiesa vicina agli uomini?
Vergognatevi.
Domenico Mazzullo

lunedì 22 dicembre 2008

Giù le mani da Galileo



Con inaspettata puntualità e con pregevole tempismo e rapidità, il Papa Benedetto XVI ringrazia il nostro scienziato pisano Galileo Galilei, per le Sue opere e per il contributo fornito alla Scienza.
Peccato che lo stesso Papa, nel suo ringraziamento, ma si è trattato certamente di una piccola svista, di una dimenticanza perdonabile, dovuta alla sua età, o ai tanti impegni cui un Papa è costretto a far fronte, abbia dimenticato, tralasciato di sottolineare, di menzionare la piccola disavventura giudiziaria cui lo stesso Galileo andò incontro con la stessa Chiesa di cui egli ora è a capo.
Si trattò di una piccola bega giudiziaria, di un piccolo malinteso con la Santa Inquisizione, nel lontano 1633, che vide Galileo come imputato e ahimè anche condannato, ma per fortuna tutto si risolse felicemente e con soddisfazione dei partecipanti e contendenti, per mezzo della ammissione di colpa da parte dello stesso imputato e reo confesso. Si pensi che non si rese necessaria nemmeno l'applicazione della tortura, strumento allora molto in voga per ottenere le confessioni spontanee.
Certo chi era proprio vicino vicino allo scienziato pisano, sembra che Lo abbia sentito pronunciare, tra sè e sè e a bassissima voce, per non essere udito, la fatidica, nota frase "eppur si muove", a ribadire, in un estremo atto di orgogliosa e proterva affermazione di se stesso, la validità delle sue teorie. Ma si conosce e si tramanda il cattivo carattere di Galileo, accentuato dalla inoltrante senilità e tutto sommato questa frase, su cui si nutrono anche fondati dubbi, Gli può essere perdonata, a fronte dei grandi meriti scientifici che la Chiesa gli riconosce.
E bene ha fatto a tale proposito il Papa precedente a chiudere definitivamente il contenzioso con Galileo, nell'ormai lontano 1992, perdonandolo, a soli 359 anni di distanza, per le sue colpe e riabilitandolo agli occhi dei fedeli.
Con questo perdono e riabilitazione avvenuta, la Terra ora può liberamente ruotare attorno al Sole, come appunto aveva affermato Galileo, e può finalmente farlo sotto gli occhi di tutti senza dover temere ad ogni giro la scomunica da parte della Chiesa.
E il successore di Giovanni Paolo II, del Papa del perdono e della riabilitazione , è giunto addirittura a ringraziare Galileo per la Sua opera in campo scientifico. Peccato solamente per una piccola postilla, una aggiunta, forse un lapsus calami, dovuto sempre all'entusiasmo del momento e alla atmosfera natalizia, contenuta nelle stesse parole del papa, che ha affermato di essere grato a "tanti uomini e tante donne di Scienza che ci hanno fatto capire sempre meglio che le leggi della natura sono un grande stimolo a contemplare con gratitudine le opere del Signore".
Io non sono sicuro che questo fosse esattamente il pensiero di Galileo e di tanti altri uomini di Scienza, ma mi fido della infallibilità del Papa nella interpretazione del pensiero degli altri, però, se la mia senile memoria non mi tradisce, mi sembra di ricordare che, e solo poco tempo addietro, (vedi mio blog del 17 ottobre), lo stesso Papa si sia espresso, nei confronti degli uomini di Scienza, in termini leggermente diversi da quelli usati oggi per lodare Galileo:" La scienza moderna a volte segue solo il facile guadagno e tenta di sostituirsi al Creatore con arroganza, senza essere in grado di elaborare princìpi etici, mettendo in grave pericolo la stessa umanità....non sempre gli scienziati indirizzano le loro ricerche per il bene dell'umanità. Il facile guadagno o, peggio ancora, l'arroganza di sostituirsi al Creatore svolgono, a volte, un ruolo determinante.".
Possibile che il Papa non ricordasse quanto da lui stesso affermato solo poco tempo prima? Oppure per la Chiesa esistono scienziati buoni e scienziati cattivi, i primi che affermano ciò che è conforme con la dottrina della Chiesa stessa e i secondi, naturalmente, che affermano ciò che invece è in conflitto con questa?
Può esistere una Scienza buona e una cattiva?
Oppure la Scienza è vista sempre dalla Chiesa con timore e diffidenza, in quanto utilizza lo strumento della umana ragione, in conflitto spesso e contrasto con quello della fede?
Domenico Mazzullo

martedì 16 dicembre 2008

Lettera a Babbo Natale



Siamo in prossimità del Natale e siamo tutti più buoni.
Secondo le migliori tradizioni, anche io ho scritto la mia letterina a Babbo Natale esprimendo i miei desideri. Parcamente ne ho, tra i miei tanti, scelti solo due, modesti ma a me carissimi e preziosi.
Il primo desiderio è che Eluana Englaro, colpita chissà da un misterioso virus fulminante, trovi finalmente e spontaneamente la morte desiderata e agognata e si dimetta autonomamente da una vita, o una parvenza, un fantasma di questa, che in tali condizioni mai avrebbe desiderato, come più volte aveva affermato, quando era in grado di esprimere una volontà cosciente.
Questa morte spontanea libererebbe Lei, in primis e a seguire i Suoi genitori, dallo assurdo, incomprensibile, inqualificabile, indegno spettacolo di personaggi saccenti e dotti, religiosi e laici, e a loro dire mossi dalle migliori intenzioni, che si aggirano discettando e filosofeggiando, attorno al Suo capezzale, autodefinendosi difensori della vita.
Mi piacerebbe assistere personalmente allo stupore e alla delusione, stampata sui volti di questi pii uomini, privati improvvisamente ed autonomamente del loro motivo di contendere, perchè lo stesso motivo, stanco di vivere è spontaneamente e nonostante la loro opposizione, morto.
Il secondo desiderio è un po' cattivo e temo che Babbo Natale lo ricuserà rispedendolo al mittente, ma ormai è scritto nella letterina che è già stata spedita al Polo Nord.
Vorrei che tutti coloro i quali sostengono la necessità di opporsi in tutti i modi al desiderio di Eluana, espresso ripeto quando era in vita, di non essere condannata ad una esistenza vegetativa, trascorressero il giorno di Natale, invece che con le loro famiglie attorno al solito panettone, invece accanto al capezzale di Eluana Englaro, con il papà e la mamma, per comprendere solo un poco, un pochissimo, se ne sono capaci, lo strazio e la sofferenza di questi genitori, costretti ad assistere alla esistenza di una figlia che non riesce a morire.
Grazie lo stesso Babbo Natale, anche se sono convinto che non esaudirai i miei desideri.
Domenico Mazzullo