Sinceramente se fossi stato un cittadino USA avrei votato McCain, ma non lo sono e quindi il problema non si è posto, ma non posso negare di essere rimasto particolarmente colpito, ammirato per la dichiarazione del candidato sconfitto, non appena è divenuta evidente ed inappellabile la sua sconfitta. Con grande nobiltà d'animo e cavalleria d'altri tempi, degna di un militare, ha subito ammesso la sconfitta e si è complimentato con il neopresidente dichiarando immediatamente ed inequivocabilmente:"Obama è il mio Presidente e tutti noi americani dobbiamo stringerci attorno a lui" per uscire subito dopo e credo definitivamente di scena. Grande lezione di stile, di fermezza d'animo e di lealtà verso il capo di una nazione che lo ha democraticamente eletto, stile distante mille miglia dalle risse da saloon, di pessimo gusto e molto poco democratiche che vedono come protagonisti i nostri politici, o sedicenti tali, che molto avrebbero da imparare da chi vive in un paese di democrazia molto più giovane della nostra ma evidentemente molto più profondamente sentita e rispettata.
Al di là di queste considerazioni personali, ciò che maggiormente mi colpisce, ma non mi stupisce, come psichiatra è lo straordinario entusiasmo che ha coinvolto tutti, non tanto negli Stati Uniti, che dovrebbero essere i diretti interessati, ma soprattutto al di fuori di questi, per questa elezione di un nuovo presidente, dal quale, quasi fosse un nuovo, moderno messia, di biblica provenienza ci si aspetta miracolistiche soluzioni o addirittura veri e propri miracoli che risolvano d'un sol colpo, i problemi del mondo intero.
Sinceramente non vorrei essere al posto di Obama sul quale si concentrano e convergono tutte le aspettative e i desideri che irrazionalmente ed emotivamente tantissimi nutrono nei suoi confronti. Il nostro paese, come al solito è al primissimo posto in questa espressione di miracolistica aspettativa, se un noto ed affermato quotidiano, "La Repubblica" addirittura titola al domani della elezione:"Il mondo è cambiato".
Sinceramente mi colpisce e nel mio piccolo non condivido questo ottimismo gratutito e destituito di fondamento, non perchè non creda e non abbia fiducia nella buona fede e nelle buone intenzioni di Obama, ma perchè fino ad ora conosciamo le sue parole dei programmi espressi nella campagna elettorale, ma non ancora i fatti, ed una persona, qualunque persona, a mio parere si valuta per i fatti e non per le parole, chè queste ultime, solo quando sono conformi e coerenti con i fatti, appunto, sono degne di valore e di credibilità. Aspetto allora fiduciosamente i "fatti" di Obama" per gioire, come tanti, della sua elezione.
Ma un'altra riflessione, purtroppo triste e non confortante, mi è suggerita da questa vicenda recente, che conferma e si aggiunge alle tante precedenti dello stesso genere e sulla stessa linea, ossia che le nostre umane prese di posizione, aspettative e conseguenti decisioni ed azioni sono informate e determinate molto di più, anzi spesso quasi unicamente, da spinte emotive ed irrazionali, piuttosto che dall'uso della ragione, di cui tanto ci sentiamo orgogliosi, come esseri umani, ma che poi così poco, o quasi per nulla usiamo, mossi dalla innegabile evidenza, che la poesia delle emozioni è molto più suadente ed affascinante, che la prosa piatta e anaffetiva della ragione.
Nulla di male anzi tutto di bene, quando le emozioni e le passioni ci spingono e ci inducono a produrre opere d'arte, a gioire entro di noi per queste, a provare sentimenti ed affetti verso un altro essere umano, ma non è altrettanto bene quando esse ci informano e ci spingono a prendere decisioni e ad agire, in ambiti nei quali dovremmo rispondere solo ed esclusivamente secondo ragione, utilizzando uno strumento che solo è proprio ed appropriato in questi contesti. Se devo piantare un chiodo uso un martello, così come se devo avvitare una vite uso un cacciavite. Un uso contrario non darebbe buoni risultati.
Così tornando ad Obama e al giubilo provocato dalla sua elezione, quasi fosse un novello messia sceso finalmente in terra a salvarla, mi sento un po' spaventato, non da lui certamente, ma dalla reazione emotiva e irrazionale da lui suscitata, ricordando che altri personaggi della storia hanno evocato analoghe aspettative e irrazionali certezze, rivelatesi poi infondate e tragicamente dannose per l'intera umanità. Non è necessario andare molto lontano con la memoria e il secolo appena trascorso e già i primi anni di quello attuale ne forniscono un eclatante e disperante esempio.
Con questa malinconica e pessimistica constatazione saluto, nel mio piccolo, Obama presidente, augurandogli sinceramente di smentire, con le sue azioni, le mie pessimistiche riflessioni.
Domenico Mazzullo
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