mercoledì 27 febbraio 2008

I pazienti ringraziano


La notizia è oggi su tutti i giornali e ha avuto già un effetto devastante: "il Prozac e gli altri farmaci antidepressivi non servono a nulla e la loro efficacia non andrebbe oltre un semplice effetto placebo. Per guarire dalla depressione non c'è bisogno di ricorrere a trattamenti chimici".
Questa è la conclusione cui sarebbero giunti i ricercatori di una Università anglosassone, quella di Hull, guarda caso, proprio nel dipartimento di Psicologia di questa Università.
Con tutto il rispetto per i ricercatori e per le conclusioni delle loro ricerche, che comunque non condivido assolutamente e che contrastano fortemente con decenni di studi e di evidenze cliniche, dimostranti esattamente il contrario, ossia la grande, risolutiva, insostituibile efficacia dei farmaci antidepressivi nel trattamento della depressione, credo che chi compie certe ricerche e giunge a tali "rivoluzionarie" conclusioni, dovrebbe richiamarsi al principio fondamentale di ogni medico, primum non nocere, ossia in primo luogo non nuocere e nel rispetto di una elementare norma di deontologia medica dovrebbe essere cauto nel pubblicare e consegnare alla stampa affermazioni di questo tipo. Credo che chi ricerca in questo campo, dovrebbe esercitare una elementare quanto semplice prudenza e autocritica, valutando le conseguenze di tali affermazioni, che lungi dall'essere confermate e condivise, possono creare nei pazienti una legittima incertezza, un pericoloso sconcerto ed una dannosa sfiducia nei confronti dei medici e nei farmaci da questi utilizzati. In questo caso, come purtroppo in altri, sempre più frequenti e diffusi, mi sembra piuttosto, che il desiderio di fare notizia, di creare sconcerto e di rispondere forse ad esigenze di protagonismo o, ma non vorrei crederci, di benefici economici, abbia il sopravvento e sia privilegiato, sul fondamentale interesse per i pazienti, che andrebbero invece tutelati e curati nel loro interesse fondamentale, la salute. Nel mio piccolo di psichiatra clinico, già oggi ho potuto toccare con mano, lo sconcerto provocato dalla notizia pubblicata dai giornali, alla luce del subisso di telefonate che ho ricevuto, dai miei pazienti in cura presso di me con antidepressivi, allarmati e preoccupati, per quanto hanno letto sulla stampa a proposito della presunta ed affermata inefficacia ed inutilità degli antidepressivi.
Come psichiatra posso affermare e credo che tutti i colleghi possano concordare, che il destino dei pazienti depressi è radicalmente, drammaticamente mutato in senso positivo, da quando sono stati utilizzati i farmaci antidepressivi. Moltissime vite sono state salvate e le inaudite, insopportabili sofferenze provocate dalla depressione sono state curate, abolite e soppresse da questi farmaci antidepressivi di cui, oggi, si vorrebbe negare l'efficacia. Credo che chi parla così, chi si avventura in queste ardite, quanto fallaci osservazioni, non abbia mai visto la vera depressione sconvolgere le vite di chi ne è affetto, o peggio, non abbia mai provato su di sè, nemmeno per pochi minuti, i morsi della depressione, non abbia mai visto tornare il sorriso sui volti contratti dal dolore dei suoi pazienti, o non abbia mai vissuto entro di sè l'esperienza di essere liberato dall'angoscia attanagliante, grazie alla efficacia dei farmaci antidepressivi, appunto.
I milioni di pazienti sofferenti in tutto il mondo, curati e guariti dalla depressione per mezzo dei farmaci, possono testimoniare, molto meglio di uno studio statistico dell'Istituto di Psicologia della Università di Hull, l'efficacia dei farmaci antidepressivi.
Il Prozac, uno degli antidepressivi chiamati in causa, è divenuto famoso in tutto il mondo come la "Pillola della felicità".
Ho sempre violentemente stigmatizzato questa denominazione e questa assurda pubblicità per un antidepressivo, non certo l'unico e non certo il primo, ma uno dei tanti.
La felicità, a mio parere, non esiste e non può certo essere conseguita attraverso una pillola, ma se chiamiamo "felicità", il guarire dalla depressione, allora il termine di "pillola della felicità" spetta di diritto non solo al Prozac, ma a tutti gli antidepressivi che ci sono e che ci saranno, preziosi, indispensabili ausili, per guarire dalla depressione, a dispetto di tutti i pareri contrari.
Si è voluto ridurre l'azione degli antidepressivi ad un "effetto placebo"; come psichiatra che cura la depressione con gli antidepressivi, ma è anche egli sofferente di depressione e si cura con gli stessi antidepressivi, posso affermare con certezza la loro efficacia, la loro affidabilità e la loro insostituibilità nella terapia di questa dolorosissima patologia.
Se anche un solo paziente depresso, che potrebbe giovarsi di questi farmaci, dovesse essere distolto dall' utilizzare questa terapia, suggestionato dalle conclusioni di queste ricerche, così proditoriamente ed imprudentemente pubblicate, gli autori di queste dovranno sentirsi direttamente responsabili.
Domenico Mazzullo

sabato 23 febbraio 2008

Winston Churchill

A volte l'uomo inciampa nella verità, ma
nella maggior parte dei casi si rialzerà
e continuerà per la sua strada.
Winston Chirchill

venerdì 22 febbraio 2008

Scale

"Sii sempre gentile con le persone che incontri quando sali,
perchè le reincontrerai quando scendi.
Un mio paziente (gennaio 2008)
d.mazzullo@tiscali.it
www.studiomazzullo.com

giovedì 21 febbraio 2008

Dialogo

Ho ricevuto, a proposito della marijuana, da una giovane psicologa una lettera interessante, che pubblico integralmente con la Sua firma, essendo stato da Lei autorizzato, assieme alla mia risposta.
A questa ha fatto seguito una nuova lettera, sempre da parte della giovane collega e che mi permetto di pubblicare ancora, come esempio di grande maturità e onestà intellettuale in una esponente di quel mondo giovanile, forse troppo facilmente criticato e misconosciuto da parte di noi che giovani non siamo più da tempo. Grazie.

Gentile Dott. Mazzullo, leggendo nel suo blog un intervento che mi fa pensare, mi decido a scriverle per manifestarle il mio disappunto.
Faccio ciò a proposito della sua lettera di risposta al ragazzo che la interrogava sulla pericolosità della marijunana.
Io sono una giovane Psicologa che sta frequentando una Scuola di formazione in Psicoterapia presso l'I.P.R.A. (Psicologia Cognitiva Post Razionalista), alla quale sono iscritti anche diversi ragazzi che provengono dalla formazione Medico-Psichiatrica.
Ciò che spesso si discute tra noi è la necessità di superare le lotte fra professionisti, fatte di tentativi di screditare la professionalità degli altri in virtù della propria.... (anche fra noi infatti escono spesso frasi del tipo -"lo Psichiatra fa difficoltà a calarsi in un mondo più umano e a fare Psicoterapia, attaccato com'è all'organo malato si scorda della persona"....oppure dall'altra parte "Lo Psicologo non ha le competenze necessarie per capire fino in fondo i meccanismi delle malattie mentali"...e così via dicendo.
Il nostro Docente Responsabile è un Medico psichiatra che ci ricorda sempre di integrare i saperi e di studiare tanto e crescere in maniera curiosa e di confrontarci costantemente con professionisti di discipline diverse.
Io, che come le ripeto sono una semplice Psicologa, spinta da curiosità e da necessità di approfondimento ho approfondito e continuerò a farlo l'ambito della Psiconeuroimmunologia, nel contesto del quale mi si è parlato anche di dipendenze e di droghe e lo si è fatto in termini prettamente medico-scientifici. la mia classe era composta da medici e da psicologi (e questo è solo un altro di tanti esempi...)
Il sapere, quando all'attenzione c'è un individuo, non può essere territorio di singole professioni ma deve essere, com'è nell'esistenza fatta di mente incarnata propria dell'uomo, un'integrazione ed un dialogo continuo fra i professionisti che se ne occupano.
Detto ciò, a proposito di marijuana, sono del suo stesso parere, quando consiglia il ragazzo (affetto da disturbo ossessivo-compulsivo) a desistere dalla curiosità verso la sostanza, ma nutro profondamente il dubbio (ma non per mancanza di conscenze scientifiche quanto per opinione personale) che essa abbia un pericolo in sè stessa quanto nella diversità degli usi che se ne possono fare. Sono convinta che l'equilibrio mentale sia una condizione che poco abbia a che fare con incontri più o meno casuali con agenti esterni e che esso influisca sulle modalità con cui ci serviamo delle cose del mondo. Il problema, così, non è la marijuana (che continuo a considerare una droga leggera, fosse anche solo per i blandi effetti di stordimento che ha, di certo non paragonabili agli effetti di totale confusione mentale che si possono avere con l'assunzione eccessiva di alcolici)...non è la marijuana ma chi ne fa uso...(sul discorso dell'effetto di slatentizzazione di patologie mentali sono d'accordo con lei ma il mondo è un ricettacolo "agenti slatentizzatori"...vogliamo far vivere i nostri figli sotto una campana di vetro?!)

Mi scuso per la lunghezza della lettera e la ringrazio per l'attenzione, continuerò a seguire il suo blog con curiosità,
Cordiali saluti,
Valentina Sardi
Gentile Dottoressa Sardi,

Ho letto con molta attenzione la sua lettera e La ringrazio, prima di tutto per il Suo interesse nei confronti dell'argomento. Cercherò, per quanto mi è possibile, di rispondere ai vari punti che la Sua lettera tratta e di ribattere alle argomentazioni che non mi trovano d'accordo.
Prima di tutto non credo assolutamente che ci si trovi di fronte a "lotte fra professionisti, fatte di tentativi di screditare la professionalità degli altri in virtù della propria" e comunque questo non è proprio nelle mie intenzioni e nel mio costume, ma piuttosto il tentativo di chiarire concetti, prerogative, professionalità, attribuzioni e limiti delle varie e molteplici figure professionali, ognuna delle quali con proprie, specifiche competenze, che devono complementarsi e non sovrapporsi tra loro.
Da questa chiarezza non può scaturire altro che un beneficio nei confronti di coloro, in ultima analisi i pazienti, che a tali diverse figure professionali si rivolgono.
Chi a questa chiarezza si oppone e cerca di sottrarsi, dimostra implicitamente che da essa chiarezza ha tutto da perdere e si assume tutta intera la responsabilità dei suoi atti.
Ritengo che sia a tutti evidente che la formazione, prima medica e poi successivamente psichiatrica, sia sensibilmente diversa da quella psicologica e senza assolutamente voler considerare una superiore all'altra, o viceversa, credo che a ciascuna spettino diverse, distinte competenze, altrimenti, se così non fosse, non esisterebbero due distinti percorsi formativi, ma uno solo, anche se in alcuni punti essi si avvicinano, o si toccano.
E' molto lodevole il Suo interesse per la Psiconeuroimmunologia e mi rallegro, che quando nell'ambito di questa si è parlato anche di dipendenza e di droghe, lo si è fatto in termini prettamente medico-scientifici. Lo si sarebbe potuto fare diversamente? Ma, me lo consenta, lo stesso argomento, sempre in termini medico-scientifici, può essere trattato a livelli diversi di profondità e di approfondimento, a seconda delle conoscenze specifiche dell'uditorio. La Teoria della Relatività di Einstein può essere spiegata anche a me, profano e non fisico, ma certo in termini diversi da come può essere illustrata a studenti universitari di Fisica
"Il sapere, quando all'attenzione c'è un individuo, non può essere territorio di singole professioni, ma deve essere, com'è nell'esistenza fatta di mente incarnata propria dell'uomo, un'integrazione ed un dialogo continuo fra i professionisti che se ne occupano" .
E’ un bellissimo e giustissimo concetto, che condivido e sottoscrivo e credo sia valido per tutti i campi dello scibile umano. E’ assolutamente indispensabile, in ogni caso, una collaborazione e integrazione tra professioni e tra professionisti che le esercitano, ognuno dei quali apporta il proprio specifico contributo. Attenzione, ho detto collaborazione e non sovrapposizione. Ciascuna professione, ossia, nel rispetto delle proprie prerogative e dei propri limiti.
L’ultima parte della Sua lettera, invece, mi trova profondamente in disaccordo e Le confesso che in alcuni punti ho stentato a comprenderne i contenuti.
A proposito della marijuana Lei afferma: ”nutro profondamente il dubbio(ma non per mancanza di conoscenze scientifiche, quanto per opinione personale)che essa abbia un pericolo in sé stessa, quanto nella diversità degli usi che se ne possono fare.”.
Cara Dottoressa, Lei è giovane, a quanto dice, e certamente non Le mancano le conoscenze scientifiche, ma forse ancora la esperienza professionale sulla pericolosità delle droghe, anche quelle che Lei, come tanti altri ancora chiama “leggere” e poi vorrei rammentarLe, che quando si trattano temi scientifici, non ci si può permettere di avere opinioni personali su argomenti rispetto ai quali la comunità scientifica è universalmente d’accordo. Per esempio “la terra ruota attorno al sole”. Questa è una verità scientifica e su questa non è permesso avere opinioni personali discordanti.
Sulla dannosità e pericolosità della marijuana gli studi medici, soprattutto riguardanti un uso protratto nel tempo, sono tutti concordi. Avere una opinione personale diversa significa ignorare questi studi, o esprimere opinioni personali dettate da motivazioni ideologiche, che nulla però hanno a che fare con la neutralità della Scienza, come purtroppo da tante figure non professionali viene fatto.
E ancora, cosa vuol dire “nella diversità degli usi che se ne possono fare”?
Io conosco un solo uso possibile per la droga: drogarsi. E questo uso, come medico e come psichiatra, mi terrorizza.
“Sono convinta che l'equilibrio mentale sia una condizione che poco abbia a che fare con incontri più o meno casuali con agenti esterni e che esso influisca sulle modalità con cui ci serviamo delle cose del mondo.”
Mi spiace, cara dottoressa, ma anche su questa Sua affermazione non posso essere d’accordo:
Credo che anche Lei, pur nella Sua giovane età, possa rammentare e annoverare persone, o eventi, che incontrate, o intervenuti per caso, nella nostra vita, la hanno condizionata in maniera determinante, imprimendole una svolta imprevista, quanto inaspettata. Parlo ovviamente di persone, o eventi positivi, ma anche purtroppo negativi, ad esempio figure umane, o professionali, che ci hanno permesso di scoprire in noi una vocazione, che ci hanno obbligato a prendere una posizione, che possono aver impresso un nuovo impulso, o viceversa un rallentamento, o anche un deragliamento alla nostra esistenza.
Sinceramente, nei miei quasi sessanta anni di vita e negli oltre trenta anni di professione, ho conosciuto molte persone e vissuto molti eventi, che hanno imposto svolte sostanziali alla mia esistenza, ma altresì ho avuto modo di toccare con mano molte esistenze di giovani, rallentate, o anche irrimediabilmente deviate, o addirittura interrotte da incontri più o meno casuali, come Lei li chiama, con agenti esterni, nella fattispecie anche le droghe “leggere”, particolarmente influenti e devastanti, soprattutto su soggetti giovani, ancora immaturi, fortemente influenzabili e quindi condizionabili, con ancora scarse capacità di difendersi e di riconoscere la pericolosità di strade verso le quali incoscientemente si avviano.
“Il problema, così, non è la marijuana (che continuo a considerare una droga leggera, fosse anche solo per i blandi effetti di stordimento che ha, di certo non paragonabili agli effetti di totale confusione mentale che si possono avere con l'assunzione eccessiva di alcolici)...non è la marijuana ma chi ne fa uso...”
Il problema, invece, per me è quindi la marijuana e chi ne fa uso.
"...(sul discorso dell'effetto di slatentizzazione di patologie mentali sono d'accordo con lei ma il mondo è un ricettacolo "agenti slatentizzatori"...vogliamo far vivere i nostri figli sotto una campana di vetro?!”
Sono contento che Lei sia d’accordo con me sull’effetto di slatentizzazione di patologie mentali e proprio per questo, lungi dalla intenzione di voler far vivere i nostri figli “sotto una campana di vetro” vogliamo aggiungere un ulteriore agente slatentizzante agli altri molteplici, ahimé esistenti?
Scusandomi per la lunghezza della lettera e formulando i miei più sentiti auguri per i Suoi studi, La saluto cordialmente.

Domenico Mazzullo
Gentile Dottore, speravo vivamente in una sua risposta che mi giunge gradita e mi fa stimare la sua professionalità e la sua apertura al dialogo.
Raccolgo con interesse le sue obiezioni e la ringrazio per questa opportunità che mi dà modo di crescere e di trovare nuovi spunti di riflessione.
Lungi da me il pensiero cristallizzato, ho ripensato a ciò che le avevo scritto e concordo con lei nel ridimensionare alcune mie frasi dette con eccesso di spirito giovanile (stimo moltissimo chi, come lei, ricco di esperienza, m'insegna a rimandare le mie convinzioni sul mondo a quando di questo ne saprò di più ma senza zittirmi mi dà modo di incontrare un terreno di crescita).

La autorizzo, senza alcuna remora, a pubblicare la mia lettera con firma, sperando che lei vi aggiunga la sua di risposta che si pone come perfetto commento....questo è dialogo e per questo la ringrazio.

Cordiali saluti,
Sardi Valentina

mercoledì 13 febbraio 2008

Perdono


"Se Dio esiste dovrà chiedermi perdono"
Graffito su un muro ad Auschwitz

Testamento


Siccome negli ultimi momenti della creatura umana, il prete, profittando dello stato spossato in cui si trova il moribondo, e della confusione che sovente vi succede, s'inoltra, e mettendo in opera ogni turpe statagemma, propaga con l'impostura in cui è maestro, che il defunto compì, pentendosi delle sue credenze passate, ai doveri di cattolico: in conseguenza io dichiaro, che trovandomi in piena ragione oggi non voglio accettare, in nessun tempo, il ministero odioso, disprezzevole e scellerato d'un prete, che considero atroce nemico del genere umano e dell'Italia in particolare. E che solo in stato di pazzia o di crassa ignoranza, io credo possa un individuo raccomandarsi a un discendente di Torquemada
Dal testamento di Giuseppe Garibaldi

lunedì 11 febbraio 2008

Psicoanalisi


"Svegliati !
Questa non è una seduta di psicoanalisi. E' vita vera.
Dal film "La famiglia Savage"

domenica 10 febbraio 2008

Indifferenza

Dalla stampa di oggi: "Macedone affoga la moglie italiana nel Naviglio. La folla tenta di linciare l'omicida".

Dopo una banale lite e in preda all'ira, l'uomo ha spinto fuori dalla macchina la donna e l'ha gettata in acqua; raggiuntala l'ha affogata tenendole il capo sotto l'acqua. Alla scena hanno assistito numerosi testimoni che si trovavano nel vicino centro commerciale.
Quando l'uomo è tornato in strada, in visibile stato di agitazione, i testimoni hanno circondato l'assassino e cercato di linciarlo. E' stato sottratto loro dall'arrivo dei Carabinieri. La donna era morta.
Questa la lapidaria notizia, che nasconde e racchiude in sè un interrogativo angoscioso: "I solerti testimoni che hanno assistito all'omicidio, tanto da raccontarlo così bene ai Carabinieri, i solerti cittadini che hanno cercato di linciare l'assassino facendo giustizia sommaria, perchè non sono intervenuti un attimo prima? Perchè, invece di rimanere a guardare per poi, così bene testimoniare, non si sono mossi prima a salvare la donna?
A questo punto è giunta la nostra indifferenza?

d.mazzullo@tiscali.it
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Differenza



Non vorrei si pensasse fosse diventata per me una monomania, prendermela con il Papa e con la Chiesa da Lui capeggiata, ma sta di fatto, che non trascorre giorno senza che Questi, non prenda iniziative, o produca discorsi, nei quali il Suo messaggio reazionario e retrivo, oscurantista, venga espresso con decisione e determinazione.
Ierimattina infatti, nel convegno promosso dal Consiglio Pontificio dei Laici sul tema del rapporto uomo-donna, il Papa ha decretato un no deciso e fermo, irrevocabile, verso i movimenti di pensiero e culturali che tendono a "eliminare, o almeno offuscare e confondere le differenze sessuali iscritte nella natura umana. Solo maschi e femmine; è Dio che ha voluto così creando l'essere umano maschio e femmina". Ho citato le precise parole riportate dalla stampa e nel leggerle mi è sorto subitaneo e immediato un dubbio e un interrogativo angoscioso: nella precisa e netta distinzione manichea, secondo il pensiero papale, in uomo e donna, differenti e complementari, come ha deciso la volontà del suo Dio, in che ruolo si collocano le persone omosessuali?
O il Papa ignora la esistenza di persone omosessuali, che non rientrano nel suo semplice schematismo, eppure mi risulta che esse persone siano ampiamente rappresentate nella sua Parrocchia e per loro stessa ammissione, o esse sono state create da un Dio temporaneamente distratto in quel momento, sono il frutto mal riuscito di una Sua piccola svista. Tertium non datur.
Per non parlare poi delle persone che soffrono di un disturbo di identità di genere, altrimenti detti transessuali, persone con la psiche di un sesso imprigionata in un corpo del sesso opposto e vissuto come estraneo, nemico. Anche esse frutto di una svista?
Domenico Mazzullo d.mazzullo@tiscali.it
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giovedì 7 febbraio 2008

Simpatia





Confesso, che pur senza venir meno ai sensi di rispettosa distanza che provo nei confronti della Chiesa Cattolica e dei suoi rappresentanti, e che spesso ho espresso in questa sede, comincio a provare, nei confronti di Papa Ratzinger, Benedetto XVI, un sentimento vago e ancora confuso, che si avvicina alla umana simpatia e compassione, nel senso etimologico del termine, per un uomo che appare, anche ad un osservatore neutrale, non proprio fortunato e nato sotto una buona stella, nonostante il riferimento a comete e altri fenomeni astronomici.
Primo fra tutti il cognome stesso, di difficile e dura pronuncia, anche alla voce più femminilmente flautata e dolce e sulla scia di questo il Suo accento, inconfondibilmente germanico, che suscita in noi italiani e non solo, ricordi bellici non ancora sopiti e non proprio felici, accento che si presta naturalmente a gustose e sapide imitazioni, non sempre riverenti e rispettose della Autorità rappresentata dalla Persona, la quale, dal canto Suo, contribuisce, certo involontariamente a questa vis satirica nei suoi confronti, scegliendo un abbigliamento personale, non sempre sobrio e confacente al Suo rango, vedasi ad esempio le ormai famose scarpette rosse firmate Prada, immortalate in tante foto di repertorio e visibili sotto le vesti immacolate, drammaticamente ed inspiegabilmente troppo corte, o la berretta invernale rossa stile Doge veneziano. Ma si sa, i tedeschi non sono mai stati campioni d'eleganza, nè si sono mai troppo preoccupati della moda in tema di abbigliamento.
Dulcis in fundo, Papa Ratzinger ha dovuto fare i conti, fin dal momento della Sua ascesa al Soglio di Pietro, con un duro, impietoso per Lui confronto, con il Papa Che Lo ha immediatamente preceduto, Giovanni Paolo II, figura indubbiamente dominante e dalla fortissima personalità, amatissimo dalle folle di tutti i paesi e che ha riscosso una simpatia umana che andava ben al di là del sentimento puramente religioso. L'impatto umano di Benedetto XVI è certamente diverso e di minore simpatia e calore immediato.
Il pontificato di Papa Ratzinger poi, è sin qui stato costellato di incidenti di percorso, prese di posizione e dichiarazioni ufficiali, che hanno provocato non poco sconcerto e imbarazzo nella prudente diplomazia vaticana, costringendola spesso a spiacevoli e successive precisazioni e ridimensionamenti.
Il più serio e fin qui più grave incidente di percorso è stato, l'ormai storico ed imprudente, "Discorso di Ratisbona", con il quale il Papa si è alienato la simpatia del mondo islamico, sentitosi offeso dalle Sue dichiarazioni e ribellatosi, anche violentemente e minacciosamente, come è suo costume, costringendo il Santo Padre e la Sua diplomazia ad una rapida, quanto impietosa precisazione che somigliava molto ad una ritrattazione, per placare i focosi animi dei seguaci di Maometto, che sentivano risvegliarsi gli echi delle Crociate.
A questo hanno fatto seguito, per quanto ricordo, non essendo io un attento osservatore del mondo cattolico, vicende più domestiche ed interessanti il nostro Paese, al quale spetta l'onere e l'onore di ospitare il Vaticano.
Penso, ad esempio, alla dura rampogna all'indirizzo del Sindaco di Roma Veltroni, in riferimento al degrado nel quale versa la capitale e alla grave mancanza di sicurezza in essa vigente, di cui il Pontefice ha ritenuto responsabili le Autorità capitoline; rimprovero severo e paternalistico, che però è stato, solo pochi giorni dopo, mitigato e ridimensionato dall'apprezzamento rivolto dallo stesso Pontefice, alle stesse Autorità per quanto hanno fatto in favore di Roma.
Non era ancora spento l'eco di questo piccolo incidente, che sempre a Roma, si è aperto il caso Università La Sapienza, quando a causa dell'insano gesto di alcuni docenti, autori di una lettera di protesta per l'invito rivolto al Papa a presenziare alla inaugurazione dell'Anno Accademico, seguito dalle proteste di alcuni facinorosi studenti, le Sue famose scarpette rosse non hanno potuto calcare il sacro suolo dello Studium Urbis.
Sorvolando sul polverone che è stato sollevato dall'episodio, seguito dalla contrizione supplice di tutta la classe politica italiana, per l'onta subita dal Papa, anche in questo caso le dichiarazioni di Questi hanno creato un piccolo caso diplomatico con lo Stato italiano.
Il Vaticano ha infatti asserito che il Pontefice, rammaricato, avesse rinunciato alla visita alla Sapienza, per motivi di opportunità, seguendo anche i consigli delle Autorità italiane, consigli che invece sono stati fermamente smentiti dalle stesse italiane Autorità, che avevano invece garantito la visita papale in piena sicurezza. Purtroppo, a volte, tra stati che usano lingue diverse, la traduzione comporta qualche problema di comprensione reciproca.
L'ultimo recentissimo incidente papale, ha messo in crisi i rapporti , non sempre idilliaci, tra Chiesa cattolica e Ebraismo italiano, aprendo di nuovo una vexata quaestio.
Nella Messa tridentina, la vecchia versione della "preghiera sugli ebrei" è stata sostituita da una nuova versione, che ha suscitato l'ira dei rabbini contro il Vaticano, giustificata, a mio parere, dalle parole e dai concetti che esse esprimono:"Che Iddio illumini i loro cuori e riconoscano Gesù Cristo come Salvatore", ossia una chiara e netta rinuncia alla loro fede.
Ma non è finita qui. Nella udienza di mercoledì 6 Febbraio ai fedeli di Senigallia, città natale di Pio IX, Papa Mastai, il Papa rè, uno dei più acerrimi nemici e oppositori del nostro Risorgimento e dell'Unità d'Italia, Papa Ratzinger ne ha lodato la testimonianza di "indomito e coraggioso servizio alla Chiesa" definendo come un "luminoso insegnamento per tutti" il Suo predecessore, che "cercò di riaffermare con forza le verità della fede cristiana di fronte ad una società esposta ad una progressiva secolarizzazione", tralasciando di ricordare, o sorvolando, che quella malaugurata società era quella del Risorgimento dalla quale prese vita l'Italia Unita, tralasciando di ricordare che proprio Pio IX riaprì il ghetto in Roma, abolito dalla Repubblica Romana di Giuseppe Mazzini e Giuseppe Garibaldi, che proprio Pio IX è stato l'autore del "Sillabo", il documento ecclesiale che condannò la libertà di coscienza e la libertà di scelta della religione, che proprio Pio IX impose al concilio Vaticano I la proclamazione del dogma dell'infallibilità papale.
Un tale elogio di Pio IX ,eletto al rango di "luminoso insegnamento per tutti", rappresenta un messaggio esplicito, una chiara indicazione della impostazione storico-ideologica di Papa Ratzinger, il Quale, dopo aver suscitato, come abbiamo visto, le ire del mondo islamico, si è alienato ora anche le simpatie degli ebrei italiani; credo che poco lo tocchino i malumori degli eredi di Mazzini.
Ma mentre scrivo queste righe, subitaneo mi sorge un dubbio e un interrogativo angoscioso: come è mai possibile che il Vaticano, per secoli sempre così attento e prudente nelle Sue machiavelliche dichiarazioni e iniziative, sia diventato improvvisamente così avventatamente imprudente, da dover ricorrere a successive precisazioni e ridimensionamenti, per placare le reazioni a tali iniziative?
Non sarà essa stessa una nuova strategia, che ricalca il vecchio modello di chi scaglia il sasso e ritira la mano?
Domenico Mazzullo d.mazzullo@tiscali.it


martedì 5 febbraio 2008

Errore


"L'errore è sventura da compiangersi, ma conoscere la verità e non uniformarvi le azioni, è delitto che cielo e terra condannano."
(G.Mazzini)

domenica 3 febbraio 2008

Esempio


Conosco bene, per motivi strettamente personali, la Spagna. Ammiro e apprezzo questo Paese e oggi ancora di più, alla luce della presa di posizione decisa, ferma e dignitosa che il Governo spagnolo ha tenuto nei confronti della Chiesa Cattolica e nello specifico nei confronti della Conferenza episcopale spagnola, analoga alla nostra Cei, fino a poco tempo addietro presieduta dal Cardinale Ruini.
Il Governo spagnolo, per mano del Suo Ministro degli Esteri, ha dato incarico al Suo ambasciatore presso la Santa Sede, di presentare una nota di protesta vibrata e ferma, naturalmente nel linguaggio diplomatico, per la pesante e continua intromissione della Chiesa spagnola negli affari interni dello Stato e nello specifico, dando precise indicazioni agli elettori, cattolici, su come votare e soprattutto su come non votare.
Il Ministro degli Esteri Moratinos, per bocca del Suo ambasciatore ha dichiarato di provare "perplessità e sorpresa" per l'atteggiamento tenuto dalla Conferenza episcopale spagnola e di sentirsi "indignato come cattolico" per le indicazioni di voto fornite dalla lettera pastorale. E ancora "Ci sono molti cattolici in Spagna, che avranno difficoltà a capire questo atteggiamento. E' una gerarchia integralista, fondamentalista, neoconservatrice, che non può neppure rappresentare il sentimento della maggioranza dei cattolici".
Parole ferme, dignitose, precise, che non lasciano adito a dubbi, o interpretazioni, che manifestano una adulta assunzione delle proprie responsabilità e della responsabilità delle proprie parole.
Quanta distanza dai funambolismi intellettuali e dai bizantinismi dialogici dei nostri politici, sempre proni e pedissequamente accondiscendenti di fronte ai diktat ed alle rampogne della Santa Sede, sempre pronta ad interferire con gli affari interni del nostro Paese.
L'esempio della cattolicissima Spagna dovrebbe illuminarci.
Domenico Mazzullo d.mazzullo@tiscali.it

sabato 2 febbraio 2008

Lettera








In un'epoca storica in cui tutte le comunicazioni, anche le più importanti, avvengono per via elettronica, o peggio per SMS, ricevere una lettera classica, una busta chiusa, con il proprio indirizzo vergato a mano, in alto il vecchio francobollo ormai desueto e divenuto oggetto solo di collezionismo, riempie chi la riceve, di stupore ed emozione, di sapore del passato, di nostalgie per ciò che non è più e mai più tornerà, altro che nei nostri ricordi dolci-amari, nelle rievocazioni malinconiche, come sempre è il sapore di ieri, o ierlaltro.
E' quanto è accaduto anche a me quando, alcuni giorni addietro, aprendo la mia cassetta della posta, sepolta sotto un mucchio di riviste e fogli pubblicitari, distrattamente sfogliati e rapidamente scartati e eliminati, ho visto spuntare una busta inconfondibilmente da lettera, e non di quelle freddamente ed immacolatamente commerciali, ma color crema, solitaria e inaspettata, essendo già trascorso da poco il periodo delle festività natalizie ed essendo ancora lontano quello delle festività pasquali. Un biglietto d'auguri tremendamente ritardatario, o un augurio prematuro di un paziente ansioso e particolarmente previdente, mi sono chiesto subitamente, abituato, come sono alle stranezze mie e degli altri?
Il mio nome e il mio indirizzo vergato a mano, con inchiostro blu e con una grafia evidentemente femminile, mi hanno evocato il titolo di un libro a me molto caro ed affascinante: "Una scrittura femminile azzurro pallido" di Franz Werfel e con questa suggestione mi sono accinto ad aprire la busta nella quale era contenuta una lettera, anch'essa scritta a mano e con la stessa grafia femminile.
Riporto qui il contenuto della lettera integralmente, omettendo naturalmente, per rispetto del segreto professionale, la firma, cui immediatamente i miei occhi sono corsi per conoscerne subito il mittente:

Egr. Dott. Mazzullo,
sicuramente non si ricorderà di me, viste le centinaia di persone che sono passate nel suo studio. Io venni da lei, disperata, a fine '98, dopo aver scoperto che mio marito mi stava tradendo con un uomo; ritornai nel '99 quando, al dolore della mia separazione, si aggiunse quello della perdita di mia madre e per un uomo che non corrispondeva i miei sentimenti.
Lei mi aiutò tantissimo, con la parola, prima, con i farmaci poi...così che quando pensai che tutto fosse finito, ritrovai la forza in me stessa di rimpossessarmi della vita!
Ora quell'uomo che mi "fece penare" è il mio compagno da 9 anni, è il padre dei miei bimbi, di due piccoli gioielli, che sono la ragione della mia vita e quell' ex marito, che tanto mi fece piangere, è il mio migliore amico, per i miei bambini un adorabile zio!
Tra i tanti preziosi consigli, che allora mi diede, uno fu di provare ad esternare, scrivendo, tutto ciò che stavo provando.
Un giorno l' ho fatto e quest'anno, casualmente, quel semplice, breve racconto è diventato un libro.
Io la ricordo sempre con molta stima, l'ho seguita nella sua esperienza televisiva, e ho pensato potesse farle piacere sapere che lei mi ha aiutato a "rinascere", pertanto le invio una copia del mio racconto.

Cordiali saluti
Firma


Cara Signora,
invece mi ricordo perfettamente di Lei e del Suo dolore, della vicenda che La vide protagonista, assieme a Suo marito anch'egli divenuto successivamente mio paziente.
La professione mi ha insegnato che la realtà supera sempre la fantasia, anche quella più libera e prolifica, del più illuminato scrittore, che costruisce storie inventate, aventi come soggetto le vicende umane.
Non ne conoscevo però l'epilogo, anche esso inimmaginabile ed insperato, alla luce di come la Sua storia era iniziata ed essendomi io fermato, nella sua conoscenza, ai suoi momenti ed atti più tristi e privi di ogni barlume di speranza.
Non avrei mai immaginato di ricevere una lettera come la Sua, anche se più volte, lo confesso, Lei mi era tornata alla mente e ogni volta mi chiedevo cosa ne fosse della Sua vita.
Purtroppo a noi medici è dato in sorte di entrare prepotentemente nella vita dei nostri pazienti, ad un certo punto di questa, di ricostruirne assieme e secondo logica il passato, di viverne assieme una parte del presente, di immaginarne assieme un futuro, di desiderarlo, assieme a Loro e poi uscirne silenziosamente, in punta di piedi, quando il nostro lavoro è terminato, senza poter sapere più nulla, nella maggior parte dei casi, di come si sono evolute le vicende di cui per un breve, o lungo cammino, siamo stati testimoni, partecipi, un po' forse anche protagonisti.
E' come adottare un figlio, ad una certa età della sua vita, aiutarlo a crescere e una volta che è diventato adulto, vederlo andare libero per la sua strada, non potendo sapere più nulla, se non in casi particolari, di lui, della sua vita, dei suoi progressi, dei suoi successi, o insuccessi.
Ma per fortuna, a volte, alcuni figli si rammentano e ci danno notizie di sè e della loro vita.
Ma per fortuna, a volte, giungono lettere come la Sua, che ci raccontano l'epilogo felice di vicende, sempre ahimè dolorose, delle quali noi medici siamo chiamati a farne parte, come spettatori partecipi e si spera comprensivi.
La Sua vicenda era particolarmente dolorosa e fuori dell'usuale, fuori dei canoni classici dell'umano dolore, cui noi medici siamo chiamati ad assistere.
Il tradimento del proprio marito è sempre un evento doloroso e destabilizzante, ma quando questo tradimento avviene con un altro uomo, allora credo si raggiungono i limiti della umana comprensibilità e sopportabilità.
Per una donna, credo e immagino, sentirsi tradita, sentirsi soppiantata da un'altra donna è certamente dolorosissimo, ma umanamente comprensibile e forse anche con il tempo accettabile, ma sapere che al proprio posto è stato preferito un uomo forse è ai limiti della sopportazione e di una razionale e logica comprensione.
Analogamente a quando la morte colpisce una persona anziana, un nostro genitore ad esempio. E' un evento sempre tragicamente doloroso, ma in qualche maniera secondo natura; gli anziani muoiono prima dei giovani, precedono i figli e in certo qual modo vanno avanti ad illuminare e spianare la strada per chi segue, ma quando un figlio precede il genitore su quell'ultimo, estremo cammino, allora al dolore eguale al precedente, si aggiunge lo stupore, lo sgomento,lo sconcerto, di un evento crudelmente contro natura.
Ricordo bene quando, per aiutarLa a razionalizzare quanto Le era accaduto, per aiutarLa a liberare le Sue emozioni e il Suo dolore Le consigliai di scrivere, di tenere un diario, di trasferire sulla carta le Sue emozioni, i Suoi pensieri, i Suoi stati d'animo.
Non avrei mai immaginato che quei Suoi appunti, quel Suo diario sarebbero diventati un giorno un libro.
Ho letto il Suo libro e ho rivissuto, attraverso di esso, quei tempi per Lei così dolorosi e sofferti; ho riconosciuto i personaggi; mi sono riconosciuto ed emozionato nel leggere di me.
Credo che quel diario, divenuto un libro sia stato a Lei molto utile per guarire e trovare una nuova felicità.
Credo che il Suo libro sarà molto utile e di conforto a chi si è trovato, si trova, o si troverà a vivere una vicenda come la Sua.
La ringrazio di cuore per avermi permesso di leggerlo.

Con tanto affetto.
Domenico Mazzullo d.mazzullo@tiscali.it




Suore

Nella didascalia: Un gruppo di suore davanti ai seggi nelle elezioni politiche del 1953.
E' facile immaginare per chi avranno votato quelle suore nel 1953, ma oggi, per chi voterebbe il clero?

Domenico Mazzullo d.mazzullo@tiscali.it
www.studiomazzullo.com

venerdì 1 febbraio 2008

Palude

Ricevo dall'Amico Francesco Cimmino una nuova lettera, a proposito della "paludosa" situazione politica nella quale versa, ahimè, la nostra Italia e che pubblico integralmente, perchè a mio parere merita una attenta riflessione e suscita interrogativi interessanti e di comune interesse.
Caro Amico, come ha visto, non sempre mi sono trovato in linea con il Suo pensiero, soprattutto a proposito di rapporti tra Stato italiano e Chiesa e di sue, a mio parere, indebite ingerenze nella vita politica del nostro Paese, ma questa volta sono perfettamente d'accordo con Lei e La ringrazio per i Suoi interrogativi che mi hanno fatto e mi fanno ancora riflettere.
Grazie per il Suo interessamento e la Sua acuta comprensione.
Domenico Mazzullo d.mazzullo@tiscali.it
www.studiomazzullo.com

Gentile dott. Mazzullo,
le scrivo per esprimerle i miei pensieri circa la situazione politica italiana dopo la caduta del governo Prodi e per chiedere un suo parere a proposito.
Il Presidente della repubblica, appellandosi alla costituzione, ha incaricato Marini, presidente del senato, per verificare l'esistenza di una maggioranza in parlamento che possa, in tempi brevi, approvare la riforma della legge elettorale.
A mio modesto avviso, l 'atteggiamento di Prodi da" muoia Sansone con tutti i filistei", che è voluto a tutti i costi e anche contro il parere dello stesso Napolitano, andare in parlamento per il voto di fiducia, dimostra che la maggioranza non c'è e non può esserci; almeno non quella ampia e condivisa che in altri tempi il Presidente della repubblica reputava necessaria per varare riforme importanti come quella elettorale.
Mi sorge così il dubbio che il vero obiettivo dell'incarica a Marini sia solo quello di guadagnare tempo, magari per andare al referendum e posticipare ulteriormente il voto, dando così tempo a Veltroni e compagnia di organizzare meglio il partito democratico, nato da poco e forse già moribondo.
Ho l'impressione che in Italia il vero partito di maggioranza,trasversale e interclassista, che unisce classe dirigente e operai, professori universitari e studenti, confindustria e sindacati sia solo uno: quello a priori contro Berlusconi.
Non si capisce altrimenti questo darsi da fare per evitare le elezioni che sembrerebbero davvero l'unica via per uscire dalla palude in cui siamo. Lei che ne pensa? Se i sondaggi per eventuali elezioni avessero dato la maggioranza alla sinistra, ci sarebbe stato l'incarico a Marini? La saluto con l'auspicio che vengano tempi migliori. Francesco Paolo Cimmino