Non si è ancora spenta l'eco delle polemiche provocate dalla celebrazione del XX Settembre a Porta Pia, caratterizzate dalla improvvida, indecorosa, offensiva ed equivoca commemorazione, da parte del delegato alla memoria del Comune di Roma dei 19 caduti papalini, zuavi stranieri e mercenari, che la Chiesa Cattolica, forte di questo clima permissivo e clericale, si permette ancora una volta di interferire ed ingerire, pesantemente ed impropriamente, negli affari interni di uno stato sovrano libero ed indipendente, quale è, o dovrebbe essere la nostra Italia, arrogandosi arbitrariamente il diritto di esprimere il proprio parere contrario, alias veto preventivo, su una legge avente come argomento il testamento biologico, già presente ed esistente negli Stati Uniti e in molti stati europei.
Alla conferenza stampa conclusiva del Consiglio permanente della Cei, monsignior Betori, chiude la porta ad una vera legge sul testamento biologico: da una nota di agenzia di stampa "Il segretario generale della Cei, monsignor Giuseppe Betori, illustrando oggi il comunicato finale dei lavori del parlamentino della Cei, ha ribadito il sì dei vescovi alla "dichiarazione del paziente legalmente riconosciuta" che costituisce "la volontà del paziente stesso". Con questa dichiarazione il medico - ha precisato Betori - si deve confrontare ma poi a decidere è lui, "senza cedere né verso l'eutanasia né verso l'accanimento terapeutico". Secondo i vescovi italiani in una legge sul "fine vita" non deve esserci spazio per "aperture all'autodeterminazione dell'individuo. Questa - ha spiegato il segretario della Cei Giuseppe Betori - è una visione che va contro le radici cristiane della nostra cultura". Per questo, ha sottolineato, "preferiamo non parlare di testamento biologico ma di una legge sul fine vita: la vita non è a disposizione di nessuno, nemmeno di se stessi. Il problema è proteggere la vita e rendere degno il momento della fine della nostra esistenza".
Mi chiedo come questo prelato si permetta e come lo Stato italiano gli permetta, di esprimersi in questo modo, senza neppure accennare ad una reazione di protesta.
Eppure abbiamo studiato a scuola, che cardine dei rapporti tra stato e chiesa, dovrebbe essere il motto illuminante ed esaustivo di Camillo Benso conte di Cavour:"Libera chiesa in libero stato", che forse il prelato non ha studiato nelle scuole cattoliche che ha frequentato da giovinetto, o più probabilmente fa finta di dimenticare, perchè non conveniente e scomodo per gli interessi suoi e della sua chiesa, ma che non dovremmo mai dimenticare e anzi tener ben saldo nella memoria noi, cittadini italiani che laicamente vogliamo sentirci liberi nelle nostre coscienze, senza ingerenze in queste di nessuno.
La chiesa è liberissima di esprimere il proprio parere morale e determinante, per chi a quella chiesa si sente di appartenere e che ai suoi precetti deve ubbidire, ma non è libera di esprimere pareri ed ingerire nella legiferazione di uno stato sovrano, che pur ospitandone il capo, vuole e deve sentirsi libero da ogni vincolo di fede religiosa, a suprema, inalienabile, irrinunciabile tutela di quei tanti cittadini italiani, che in quella fede non si riconoscono.
Io cittadino italiano laico e non religioso, sono soggetto alle Leggi dello Stato, ma non ai dettami religiosi legittimi e vincolanti per i fedeli, ma non per me che a quella fede non credo e non appartengo.
Un cattolico credente, ossequioso ai precetti della sua chiesa, non redigerà mai il testamento biologico che gli permetterebbe, in piena libertà, di disporre della propria vita, ritenendo, secondo la sua fede che questa vita non gli appartenga, ma perchè dovrei essere privato io, laico e non di fede, che ritengo invece che la mia vita mi appartenga, del diritto legittimo e sacrosanto di disporre di questa in piena libertà?
Mi sembrava di aver studiato a scuola che i tempi della Santa Inquisizione in cui la "vera fede" veniva imposta con la forza, fossero finiti, ma evidentemente non è così o qualcuno fa finta di non accorgersene.
Mi verrebbe voglia di suicidarmi per far dispetto a monsignor Betori, per dimostrargli che la mia vita mi appartiene e ho diritto a disporre di essa, ma non lo faccio perchè penso che del mio suicidio non gli importerebbe niente.
Domenico Mazzullo
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