Ho accennato, nel precedente articolo riguardante la depressione, come questa patologia così altamente diffusa, possa risultare ancora sottostimata e sottodiagnosticata, in quanto spesso e comunque nelle fasi iniziali essa non si presenti con le caratteristiche cliniche tipiche che conosciamo e che ci permettono una facile identificazione, ma con espressioni sintomatologiche che possono ingannare il medico e sviarne la diagnosi, o renderla più tardiva, simulando queste, affezioni organiche di altra natura.
Spesso è proprio il medico di famiglia il primo interlocutore al quale il malato si rivolge per aiuto e che per primo è chiamato a formulare una diagnosi e conseguente terapia, o ad indirizzare il paziente allo specialista competente.
I colleghi che esercitano la Medicina generale ben conoscono i casi di pazienti anche ben familiari che a loro si rivolgono per disturbi vaghi, spesso non ben definiti, o definibili, difficilmente riconducibili sintomatologicamente ad una patologia specifica, dai quadri sfumati e quasi impalpabili, multiformi e facilmente e frequentemente mutevoli, sfuggenti, inquietanti, che lasciano la bocca amara al medico che si sente incapace di risolverli ed al paziente che si crede non sufficientemente considerato ed adeguatamente trattato.
Questi pazienti, con la complicità ahimé di una cattiva informazione “fai da te” che anni addietro si avvaleva delle famigerate enciclopedie mediche, immancabili in ogni famiglia e sostituite ora tecnologicamente da internet e dai molteplici siti che invitano alla autodiagnosi e alle consultazioni di autoaiuto tra sofferenti delle stesse patologie, frequentemente sono protagonisti di biblici pellegrinaggi a specialisti molteplici e di tutti i rami della Medicina, con rimandi dall’uno all’altro, fino a che in ultimo e come ultima spiaggia giungono, a malincuore e con grande terrore, allo psichiatra.
Perché tutto questo? Perché spesso si tarda tanto e non per incuria, o superficialità a formulare finalmente una diagnosi esatta di depressione?
Perché come ben sa chi di depressione si occupa professionalmente e nel caso dello scrivente, ne ha sofferto e ne soffre, la depressione è una malattia cattiva, come e più di altre malattie, in quanto fa soffrire grandemente chi ne è affetto, ma anche e soprattutto perché è subdola, traditrice, non si mostra inizialmente a viso aperto in tutta la sua essenza, ma si insinua sottilmente, silenziosamente, proditoriamente nella vittima predestinata, avviluppandola nelle sue spire, non manifestando la sua aggressività da subito, ma procedendo il più delle volte lentamente, per gradi, progressivamente ed ingannevolmente.
Essa infligge, infatti, al paziente inizialmente e spesso per lungo tempo, non una sofferenza piena, ma un vago malessere, una sfumata sofferenza, una perdita progressiva degli entusiasmi, una stanchezza esistenziale, una vaga apatia, una riduzione delle capacità vitali, della facoltà di godere i frutti della vita, di gioire per gli affetti dati e ricevuti, per la gioie, grandi e piccole che a volte l’esistenza ci concede, il tutto avvolto in un grigiore morale che non è ancora un nero pieno, ma nemmeno più un mondo colorato. Gli antichi lo chiamavano taedium vitae.
In questo grigiore esistenziale si fanno strada una miriade di sintomi, come dicevo vaghi ed imprecisi, che conducono il paziente dal suo medico con delle lamentele non ben definite e non chiare a lui che le accusa e le denuncia e naturalmente a chi le ascolta e le raccoglie.
Abituati come siamo a fare i conti con il nostro fisico, immaginiamo dapprima e ricerchiamo in esso le cause e la sede delle nostre sofferenze, o dei nostri malesseri, lamentando disturbi localizzati all’apparato digerente, al cuore, agli arti, un tremore diffuso in tutto il corpo, una cefalea continua, un senso di confusione mentale e di ottundimento, o sonnolenza che ci attanaglia per tutta la giornata e non ci permette di dedicarci appieno alle quotidiane occupazioni, una gastralgia diffusa, con nausea soprattutto al mattino, un alvo irregolare con alternanza di periodi di stipsi e di diarrea, meglio di feci poco formate, (notevole è l’attenzione, spesso negli anziani, alla funzione intestinale con polarizzazione ossessiva sulle evacuazioni che debbono essere necessariamente quotidiane) nonché la bocca amara, i piedi freddi, un indefinibile malessere diffuso al mattino, che si attenua quando finalmente usciamo per recarci al lavoro, una cronica astenia e un senso di stanchezza non proporzionale alla fatica e che non recede con il riposo, ma che anzi e paradossalmente si attenua con l’attività, difficoltà di concentrazione, svogliatezza e rifiuto di compiere qualsiasi attività che esula dagli obblighi inalienabili. Frequenti ed espressi con vergogna i disturbi della sfera sessuale, caratterizzati, negli uomini, da crollo del desiderio, disturbi della erezione, senza che si raggiunga la vera e propria impotenza, ejaculatio praecox e nelle donne dallo stesso venir meno del desiderio e disgusto nei rapporti sessuali accettati solo per dovere. Non è difficile immaginare le conseguenze di tali situazioni incresciose. Spesso i pazienti lamentano quelle che essi erroneamente chiamano vertigini, ma che in realtà sono pseudovertigini, caratterizzate da un senso di instabilità che non corrisponde ad alcun deficit neurologico, come è facilmente verificabile con un semplice esame neurologico, oppure acufeni, dolori a volte acuti in distretti corporei particolari come la lingua, o una emilingua, un labbro, dolori al torace, o all’arto sinistro che evocano naturalmente nell’immaginario dei pazienti un infarto con conseguente stato di allarme ipocondriaco. Di frequente si riscontra una ipertensione arteriosa transitoria. Fa da sfondo, immancabilmente a questo corteo sintomatologico, solo accennato e certo incompleto uno stato di ansia diffuso e cronico, non spiegabile con situazioni personali altrimenti ansiogene.
Ho descritto certo impropriamente ed approssimativamente un quadro clinico di frequente e diffusa osservazione negli ambulatori medici e negli studi soprattutto di cardiologi, gastroenterologi, otorinolaringoiatri, essendo questi gli specialisti ai quali per primi i pazienti si rivolgono, ricevendo spesso la diagnosi, per loro sconsolante di essere “perfettamente sani sul piano organico” ed il consiglio di rivolgersi ad uno psichiatra.
Il seguito….alla prossima puntata
Domenico Mazzullo d.mazzullo@tiscali.it
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