Caro Cesare,
una volta tanto, ma sinceramente spero, una sol-tanto, non sono d'accordo con te e non condivido quanto hai scritto nella tua rubrica Sabato 14 Aprile, in tema di gioco d'azzardo: "per favore, non facciamo confusione tra i pochi viziosi autodistruttivi (che trovano nel gioco, anzichè nelle droghe, o nell'alcool un mezzo per rovinarsi e farla finita) con i milioni - miliardi, nel mondo - di persone con la testa sul collo, desiderose di concedersi un piccolo divertimento.".
Non sono d'accordo con la definizione di "piccolo divertimento". Il gioco d'azzardo non è e non può essere considerato un piccolo divertimento, altrimenti non sarebbe d'azzardo e non coinvolgerebbe enormi cifre di denaro, che passano dalle tasche di uno alle tasche di un altro e altre volte nelle tasche di nessuno, se non del banco. E non sono d'accordo neppure sulle cifre:
"i viziosi autodistruttivi" non sono pochi, così come tutt'altro che pochi sono i tossicomani e gli alcoolisti, ma accanto a questi poveri "pochi viziosi" ci sono degnissime persone, tutt'altro che viziose e soprattutto tutt'altro che poche, le quali sono cadute in preda, sono state irretite da questa follia del gioco ammantato sotto le mentite, innocenti spoglie di Lotto, Bingo, Lotterie, Scommesse ed altre delicatezze del genere. Ho personalmente cognizione, come psichiatra, di pensionati, anziani, casalinghe, ma anche professionisti, madri di famiglia, giovani e anziani, che proporzionalmente con le loro possibilità hanno dilapidato tutte le loro scarse, o cospicue sostanze al Banco del Lotto, al Bingo, nelle inconfondibili "Sala corse", o addirittura in quelle ignobili macchine con nome americano, che con lo specchietto per allodole di luci multicolori e campanelli che suonano quando, raramente, si vince, inghiottono gli spesso sudati risparmi. Tutte persone che sperano, credono, si illudono di migliorare le loro condizioni di vita, spesso misere, tentando la fortuna. Uno Stato civile e democratico dovrebbe prima di tutto tutelare i più deboli e non dovrebbe approfittare della buona fede, o debolezza di tanti speranzosi, mettendo in atto un vecchio quanto diffuso stratagemma : "...quando le finanze piangono un rimedio abituale è quello di rilanciare le scommesse o introdurre nuovi giochetti...". Scusami mi rendo conto di non parlare sine ira et studio. Mio padre, unico di nove fratelli ereditò il vizio del gioco di mio nonno e ha letteralmente rovinato la mia famiglia. Ricordo ancora, a quasi sessanta anni, le lacrime di mia mamma e gli interminabili pomeriggi domenicali, parcheggiato da solo al cinematografo, mentre mio padre si concedeva il "suo piccolo divertimento" nella Sala Corse. Per paura di pericolose eredità non gioco neppure a tombola a Natale e comunque non potrei tollerare l'idea che il denaro, eventualmente pervenuto nelle mie tasche è fuoriuscito dalle tasche di un altro meno fortunato. Ti abbraccio.
Tuo Domenico d.mazzullo@tiscali.it
Libero "Mister No" 17-04-2007
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