lunedì 24 settembre 2007

Annamaria Franzoni

Caro Cesare,

torno a scriverti e disturbarti, non per desiderio di protagonismo, che mi è alieno, ma "pro veritate" e perchè, come psichiatra, mi sento indirettamente chiamato in causa.
Mi riferisco, al processo nei confronti di Annamaria Franzoni ed alla requisitoria del Procuratore Generale Vittorio Corsi, che mi ha colpito e suscitato la mia ammirazione, per il coraggio e la lucidità con cui si è espresso, evidenti nella lettura di passaggi del suo discorso accusatorio, riportati sul quotidiano Libero, di oggi, mercoledì e che trascrivo, per chiarezza e correttezza: " questo non è un giallo, ma un figlicidio. Non dobbiamo avere il pudore di dire che questo delitto è stato compiuto da una madre normale, anche se questo non ci piace. Non chiediamo aiuto alla psichiatria o alla psicanalisi per risolvere il caso rischiando così di perdere di vista la realtà che è più semplice di quanto possa sembrare....non bisogna fare i conti con una dissociazione rilevante, ma con un tremendo scatto d'ira, non una patologia, ma un momento di rabbia esploso nello scontro tra due testardaggini, quella di un bimbo che piange e quella di una madre che perde la testa".
Fedele agli insegnamenti di Cesare Beccaria, ritengo che una persona debba essere considerata innocente, fino a che non ne sia dimostrata la colpevolezza e fino all'ultimo grado di giudizio; per questo non entro in merito alla colpevolezza, o innocenza dell'imputata, ma come psichiatra plaudo alla lucidità del magistrato, che ha saputo sintetizzare in poche parole chiare e comprensibili, un concetto chiave così importante ed esaustivo riguardo all’argomento in questione. Annamaria Franzoni è una persona normale, intendendosi, in questo caso, aggiungo io, “normale come persona non affetta da una patologia psichica”, che avrebbe commesso, secondo l’accusa, un delitto orribile per una madre, in uno scatto d’ira incontrollabile, ma psicologicamente comprensibile e comunque possibile in una madre.
Solo il nostro orrore, la nostra paura, il nostro desiderio e bisogno di essere rassicurati e confortati, vuole “comprendere e ricacciare” questo delitto nei meandri incomprensibili e per questo, per noi sani, rassicuranti della altrui follia. I veri folli commettono, a volte, ma molto raramente dei delitti, ma non tutti quelli che commettono dei delitti, sono per questo folli. E sinceramente la signora Franzoni, che non ho mai conosciuto personalmente, ma ho potuto ammirare, come credo tanti di noi, nelle sue apparizioni televisive e di cui ho letto il libro di autodifesa, tutto mi sembra meno che folle.
Ieri sera in televisione uno psichiatra molto illustre e famoso ci spiegava che, anche se la signora Franzoni avesse commesso questo atroce delitto, lo avrebbe probabilmente “rimosso” ossia sepolto e dimenticato nel suo inconscio, questo deposito di rifiuti, ove depositiamo e“dimentichiamo” ciò che è troppo spiacevole per la nostra coscienza
Io che illustre e famoso non sono, ma pur sempre uno psichiatra, mi permetto di dissentire e rifiuto categoricamente questo concetto di “rimozione” parola chiave di pura origine psicanalitica, che funge da “tana libera tutti” della nostra coscienza sporca.
E poi mi chiedo come e perché si continui ancora a parlare di questo “inconscio” partorito dalla fantasia di Sigmund Freud, la cui esistenza, mai dimostrata e dimostrabile, è accettata, ahimè, per verità acquisita e comprovata. Mai una TAC, una Risonanza magnetica, o altri sofisticati strumenti di indagine cerebrale, ne hanno svelato l’esistenza
Parafrasando Metastasio si potrebbe dire che:
L’inconscio è come l’Araba fenice. Che vi sia ciascun lo dice, ove sia nessun lo sa.
Nulla di male, se l’inconscio continua ad essere protagonista negli studi degli psicanalisti, ma, a mio modesto parere, molto male, se è presente e protagonista nelle aule dei tribunali.
Domenico Mazzullo d.mazzullo@tiscali.it

Pubblicato su Libero "Mister No" il 29-03-2007

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