martedì 15 gennaio 2008

Diagnosi


Nella consapevolezza che si tratta di un argomento particolare e specifico, ritengo però opportuno pubblicare sul blog una notizia, seguita da un mio commento, che può interessare i pazienti e tutti coloro i quali attualmente seguono un trattamento di psicoterapia o hanno intenzione di iniziarne uno.

Psicologi, 'minacciata' nostra competenza su diagnosi per psicoterapia
Roma, 14 gen. (Adnkronos Salute) - Psicologi italiani in allarme. In discussione la loro competenza sulla diagnosi necessaria per la psicoterapia convenzionata. I professionisti, infatti, esprimono preoccupazione per il destino della proposta di legge sulle 'Disposizioni per l'accesso alla psicoterapia', attualmente all'esame della Commissione Affari sociali della Camera. Alcuni emendamenti presentati al testo originario potrebbero escludere la categoria dalla diagnosi per accedere alla psicoterapia a carico del Ssn, riservando questa competenza solo ai medici. A pronunciarsi contro questa possibilità è un fronte compatto che va dal presidente del Consiglio nazionale dell'Ordine degli psicologi, Giuseppe Luigi Palma, al segretario generale dell’Associazione unitaria psicologi italiani, Mario Sellini. Dal Ddl - dicono i professionisti in una nota - emerge un modello di psicoterapia come disciplina 'spezzata', in cui si distingue tra diagnosi psicologica e psicotecnica: i veri psicoterapeuti sarebbero i medici, con gli psicologi relegati all’unico ruolo di psicotecnici. "Escludere gli psicologi è un errore storico, politico, culturale oltre che scientifico. Il vero punto di scontro, però - spiega Sellini - è inserire nel testo della legge la necessità di un finanziamento ad hoc, finalizzato alla psicoterapia, come è avvenuto per le cure odontoiatriche sovvenzionate nell’ultima legge finanziaria". Senza uno specifico finanziamento, infatti, ai cittadini non potranno mai essere garantite le cure psicoterapeutiche. "Come presidente del Consiglio nazionale - sostiene Palma - devo amaramente prendere atto che dopo la fattiva collaborazione, durata sette anni, per la costruzione di questa proposta di legge, nata con l’obiettivo di garantire ai cittadini il pieno diritto alla psicoterapia, l’emendamento così presentato danneggia la professione di psicologo e le sue basi scientifico-culturali".

Riporto integralmente il comunicato della Agenzia di informazione Adnkronos, perché la notizia mi sembra degna di nota e di opportuno commento.
Con buona pace degli psicologi tutti e addirittura del Presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli Psicologi Giuseppe Luigi Palma e del segretario generale dell’Associazione unitaria psicologi italiani, Mario Sellini, in qualità di psichiatra che esercita da trenta anni la professione di psichiatra e psicoterapeuta, sono assolutamente e totalmente d’accordo con il concetto che gli psicologi debbano essere esclusi dal procedimento di diagnosi per accedere alla psicoterapia e aggiungerei di mio, non solo quella a carico del Ssn, ma anche, anzi soprattutto, quella in ambito privato.
Mi sembra di affermare qualcosa di ovvio e di lapalissiano, essendo da tempo immemorabile “la diagnosi”, intesa come “definizione di una malattia attraverso l’anamnesi, i segni e i sintomi, gli esami di laboratorio e quelli strumentali”, una competenza ed una incombenza, assolutamente ed esclusivamente riservata ai medici e aggiungerei, in questo caso, agli specialisti in psichiatria, essendo la diagnosi in ambito psichico particolarmente difficile, irta di incertezze e molto spesso non supportata e suffragata da esami strumentali, come invece avviene per tutte le altre discipline mediche.
Ogni forma di terapia e quindi, anche e naturalmente una farmacoterapia, di esclusiva competenza medica e, per ciò che ci riguarda in questo discorso, una psicoterapia, di qualunque tipo e a qualunque scuola appartenga, deve essere conseguenza e derivare da una corretta diagnosi, che di quella è propedeutica e preludio indispensabile ed inalienabile.
Senza nulla togliere alle legittime competenze degli psicologi e nel pieno rispetto delle differenze, ritengo che il loro iter di formazione universitaria e anche successivo, vedi specializzazione e formazione, non permetta loro di formulare diagnosi cliniche in ambito psichico, mentre può certamente essere loro riservato l’onere di una corretta psicoterapia, conseguente e successiva ad una corretta diagnosi ed indicazione terapeutica.
Mi sembra questo, un giusto modo di procedere logico e anche secondo una evidente linea di buon senso, nella assoluta, totale e prioritaria difesa dell’interesse del paziente, che ha tutto il diritto di ricevere una corretta diagnosi e corretta terapia, sia essa a carico del Ssn, o totalmente a carico suo, in ambito privato.
Sinceramente e fuor di ogni intenzione polemica non comprendo le parole, , di Mario Sellini, secondo il quale “escludere gli psicologi è un errore storico, politico, culturale, oltre che scientifico”.
In cosa, per ogni categoria, storica, politica, culturale e scientifica, egli ravvisa un errore?
Perché, dal canto suo, Giuseppe Luigi Palma ritiene che”l’emendamento così presentato danneggia la professione di psicologo e le sue basi scientifico – culturali”?
A mio modesto parere mi sembra che l’emendamento protegga i pazienti, molto meglio di quanto avvenga ora, da una psicoterapia iniziata e condotta, purtroppo spesso, senza una diagnosi precisa, conditio sine qua non, per ogni terapia, o peggio, in assenza addirittura di una diagnosi e in ultima analisi, protegga anche gli psicologi dai rischi e dalle responsabilità morali e materiali che possono conseguire dalla applicazione di una psicoterapia, pur sempre una terapia, senza una precisa e responsabile indicazione e prescrizione medica.
Più volte mi è capitato, in trenta anni di professione, di imbattermi in pazienti psicotici, che dopo aver intrapreso la lunga e faticosa strada di una psicoterapia e averla percorsa per un lungo tratto, hanno iniziato a manifestare gli inconfondibili ed ineludibili segni di una psicosi che, se identificata e diagnosticata in precedenza, quando, superficialmente, poteva ancora apparire come un disturbo nevrotico, ed essere scambiata per questo, o una semplice crisi adolescenziale, avrebbe potuto godere di un trattamento farmacologico precoce e quindi certo più utile di una sola psicoterapia.
E’ nozione comune, infatti, che una psicosi, quanto prima viene diagnosticata e adeguatamente trattata, tanto meno induce danni nella struttura psichica del paziente.
Analogo, seppur diverso discorso, vale per la depressione che necessita anche essa di una diagnosi precisa nelle sue varie e molteplici forme di depressione reattiva, endogena, bipolare, post-partum, senile, endoreattiva, mascherata, tanto per citare le più comuni e di un conseguentemente adeguato ed opportuno trattamento farmacologico, che a volte, ma non sempre, richiede anche un affiancamento psicoterapico.
Concludo, quindi, riaffermando che mi sembra assolutamente opportuno e sacrosanto far precedere ogni trattamento psicoterapeutico, da una diagnosi formulata da uno psichiatra, unica figura professionale, cui spetta il compito di una diagnosi clinica e quindi una conseguente indicazione terapeutica, intendendosi questa anche come una psicoterapia condotta da uno psicologo.
Questo nel pieno, assoluto, rispetto delle garanzie dovute e indispensabili per il paziente.
Non voglio, naturalmente neppur lontanamente pensare, che la strenua opposizione a questo principio da parte degli psicologi, possa intendersi come una corporativa difesa delle prerogative fin qui acquisite, per una legislazione carente in questo ambito e quindi, in ultima analisi una “Cicero pro domo sua”.

Domenico Mazzullo d.mazzullo@tiscali.it
www.studiomazzullo.com

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