domenica 16 agosto 2009

Dimissioni







Dimissioni. Una parola ormai desueta e quasi scomparsa, almeno dal vocabolario degli italiani, che comunque sempre poco l'hanno conosciuta, certamente assente e inesistente nello scarno vocabolario del signor Umberto Bossi, mi ripugna chiamarlo Senatore, per il rispetto che il sostantivo mi impone.
Dimissioni: "lasciare, abbandonare volontariamente una carica, quando essa non ci corrisponde più", così recita il mio dizionario, così ho imparato dai tempi di scuola, quando le prime dimissioni importanti che conobbi e che mi rimasero impresse, furono quelle dei Romani della età repubblicana, gente seria e coraggiosa, capace di dare le dimissioni, anche dalla vita stessa, quando essa non era più degna di essere vissuta, come fece Catone, quando il venir meno della libertà, Gli rendeva moralmente impossibile sopravvivere, come più tardi ci ha insegnato Seneca nei Suoi "Dialoghi" e nelle "lettere a Lucilio".
Tutte cose che , il signor Umberto Bossi, a scuola non ha imparato, ammesso che di scuola ne abbia frequentato qualcuna, perchè altrimenti ne avrebbe conosciuto e compreso il semplice ed elementare significato, evidente a chiunque, anche il più sprovveduto.
Se infatti una carica, un lavoro, una situazione qualsiasi non più mi corrisponde, nessuno mi trattiene, posso andarmene quando voglio, con dignità, manifestando così esplicitamente il mio dissenso.
Ho sempre considerato le dimissioni, anche quelle estreme, dalla vita, come un gesto di grande dignità e come l'espressione massima di libertà.
Ma come dicevo e mi ripeto per tema di non essere ben compreso, evidentemente il signor Umberto Bossi, questo termine non lo conosce e neppure evidentemente quello di dignità, mi sembra chiaro e lapalissiano.
Perchè, e mi sembra, ripeto, evidente, se nel suo vocabolario, questi termini fossero presenti e conosciuti, si affretterebbe a rassegnare le dimissioni dalla sua carica istituzionele di Senatore di una Italia che non riconosce, di una Nazione che odia, di un Paese di cui non si sente cittadino.
Nessuno lo trattiene. E' libero di andarsene, quando e come vuole, rinunciando naturalmente al cospicuo emolumento economico che la carica di Senatore comporta.
Ma questa, credo, sia una giusta rinuncia, dovuta alla coerenza con se stesso.
Il signor Bossi, dopo aver oltraggiato il Tricolore, la nostra Bandiera, il nostro Simbolo nazionale, per difendere il Quale, per conseguire il Quale, tanti Italiani sono morti, ora ci dice che nessuno conosce l'Inno di Mameli, l'Inno d'Italia.
Sinceramente non so e non riesco ad immaginare da dove abbia tratto questa constatazione, dalla quale scaturisce la sua affermazione.
Io e come me tantissimi della mia generazione, L'ho imparato a scuola, in prima elementare, a sei anni, quando il nostro Maestro, personaggio da libro Cuore, ce lo faceva cantare, in piedi, sugli attenti, prima dell'inizio delle lezioni.
Lo ascolto e Lo canto ancora, a bassa voce per non disturbare, tutte le mattine, quando alle ore 6 puntualmente, le trasmissioni di Radio 1 iniziano proprio con L'Inno di Mameli.
Ma forse a quell'ora il signor Bossi ancora dorme. Basta accendere la radio, per ascoltarlo e rammentarlo.
Vorrei anche rammentare al signor Bossi, ma per rammentare bisogna prima conoscere, che Goffredo Mameli, l'Autore del nostro Inno d'Italia, ha perso la vita a soli 22 anni, tra atroci sofferenze durate più di un mese e dopo aver subito l'amputazione della gamba destra in cancrena, per una ferita ricevuta in combattimento, al Gianicolo, nella difesa della Repubblica Romana dei Triumviri Mazzini, Saffi e Armellini, il 6 Luglio del 1849, sacrificando la propria giovanissima vita per creare e difendere quell'Italia che lui non riconosce.
Ho allegato, per conoscenza del signor Bossi, le immagini della Bandiera di guerra della Repubblica Romana e della Tomba di Goffredo Mameli al Gianicolo.
I fiori sono quelli che noi, che ancora crediamo in questi valori e ricordiamo l'Inno d'Italia deponiamo, ogni anno sulla Sua tomba, quando ricorre il giorno della Sua morte.
Il signor Bossi può leggere, incise sulla tomba, le dignitose parole della madre di Goffredo Mameli, orgogliosa di aver donato un figlio all'Italia.
Perchè il signor Bossi non viene a leggerle? Forse potrebbe imparare qualcosa.
Domenico Mazzullo

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