giovedì 12 agosto 2010

Sensi di colpa

Se esistono i sensi di colpa, cosa di cui sono certi gli psicoanalisti che su questi hanno creato la loro fortuna, allora spero che questi sensi assillino per tutta la vita i proprietari di quel povero cane che ieri si è gettato giù dal settimo piano a Roma, non sopportando il dolore di essere stato lasciato solo dai suoi "amici umani" i quali, partiti per le giuste vacanze, lo avevano affidato ad un amico che gli recava il cibo, cibo che sebbene sufficiente per la sopravvivenza fisica del povero cane, non era evidentemente per nulla sufficiente alla sua sopravvivenza morale per la quale gli era assolutamente indispensabile la presenza dei suoi "amici umani".
Ho usato l'aggettivo morale, non a caso o per superficialità, ma coscientemente e volontariamente, perchè quella morale, quella affettività che sempre più raramente si riscontra negli umani, per contrasto e per fortuna sempre si incontra nei nostri amici animali e in special modo nei cani.
Alcuni, a proposito di questo triste evento accaduto a Roma e di uno analogo di soli pochi giorni addietro, vicino Torino, hanno parlato di suicidio del cane, venendo subito smentiti da veterinari ed "esperti" di animali, che hanno negato la possibilità di una volontà suicidaria in un cane, attribuendo l'accaduto ad "un gesto irrazionale frutto di uno stato di agitazione psicomotoria conseguente all'ansia da separazione".
Belle parole certo, ma che non tranquillizzandomi assolutamente, mi appaiono invece come un modo elegante e rassicurante per esprimere lo stesso concetto: disperazione con conseguente atto impulsivo e irrazionale, contrario all'istinto di sopravvivenza, ossia suicidio.
E ancor peggio non è forse suicidio la, in questo caso consapevole, razionale e volontaria rinuncia da parte del cane ad alimentarsi, quando il suo "amico umano" lo ha lasciato, per un breve periodo, o lungo, o per sempre?
Io ho personalmente assistito a casi dolorosissimi e commoventi di cani ed anche gatti, che lasciati soli, da miei pazienti deceduti, si son lasciati letteralmente morire, forse consapevoli, per quelle ragioni del cuore che la ragione non comprende, che il loro padrone non sarebbe più tornato da loro e con loro.
Mi fu narrata alcuni anni addietro, da una mia paziente, la vicenda commovente di suo fratello e del suo cane.
Il fratello, vedovo era solito andare a pescare tutte le mattine su uno scoglio e il suo cane fedelmente gli faceva compagnia e lo assisteva.
Una mattina il pescatore scivolò dallo scoglio reso sdrucciolevole dall'acqua, cadde a terra battendo violentemente la testa e morì sul colpo. Il cane corse a casa a chiedere aiuto facendosi intendere dai familiari del padrone che,subito accorsi, trovarono il corpo.
Tutte le mattine il cane si recò allo scoglio, per molti giorni, attendendo che il padrone tornasse.
Una mattina alcuni pescatori, che erano lì vicino e per i quali era divenuta familiare l'immagine di quel cane da solo sullo scoglio, in attesa, lo videro prima agitarsi e leccare il punto ove il suo padrone cadendo aveva battuto la testa morendo e subito dopo gettarsi in acqua nuotando verso il largo fino a che lo videro sparire tra le onde.
Neppure in questo caso si può parlare di suicidio volontario?
Domenico Mazzullo
d.mazzullo@tiscali.it
www.studiomazzullo.com

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