martedì 6 novembre 2007

Forse perchè della fatal quiete...


Immaginiamo che il nostro medico, dopo un preciso ed approfondito esame di coscienza, abbia stabilito di sentirsi in grado di procedere autonomamente e quindi senza ricorrere all’ausilio di uno specialista, nella diagnosi e cura del suo paziente che, come rammentiamo, a lui si è rivolto denunciando una spiacevole, quanto insostenibile insonnia, che ora possiamo, a tutto diritto chiamare insonnia lacunare e terminale. Esperite le indagini di rito e necessarie ed avendo escluso l’esistenza di patologie organiche, che di questa potrebbero essere responsabili, il medico si è orientato a sospettare una sindrome depressiva, ma il suo sospetto deve trasformarsi in una certezza diagnostica, per procedere poi verso una terapia.
Il paziente stesso si è rivolto, come abbiamo visto, al medico, con un certo personale imbarazzo in quanto, pur soffrendo ed accusando questa insonnia, ormai da qualche tempo, non lamenta altri sintomi particolari e purtuttavia non si sente bene come prima, accusando un senso di malessere generale che però lui stesso non è in grado di definire più precisamente ed attribuisce, per quel desiderio implicito in ognuno di noi, di razionalizzare ciò che ci accade, alla carenza di sonno, il suo diffuso malessere.
A questo punto il medico, teso come deve essere a formulare una diagnosi e non piuttosto a confermare i propri sospetti, o le proprie intuizioni, deve procedere con molta cautela, per non influenzare, con domande troppo specifiche ed evidenti, le risposte del paziente. Non dovrà mai per esempio chiedere, sic et simpliciter, se questi si sente depresso, se ha notato in sé una caduta del tono dell’umore, se si scopre a piangere spesso e per situazioni che prima non hanno mai comportato tale reazione, ma dovrà invece lasciare libero il paziente di parlare, di sfogarsi, dicendo tutto ciò che a lui sembra importante, ma che potrebbe invece non esserlo per il medico.
Solamente quando questi avrà esaurito i suoi argomenti e le sue lamentele, allora il medico potrà porre delle domande che dovranno necessariamente all’inizio essere generiche e non direttive, rivolgendosi alle abitudini ed alla vita del suo paziente, per valutare se ora esse sono cambiate e si sono discostate dalle originali e se sì, da quanto tempo.
Si preoccuperà quindi dell’appetito e delle altre funzioni fisiologiche, della sua vita familiare, del rapporto con gli altri membri della famiglia, della frequenza dei rapporti con il proprio partner e del piacere da questi tratto, del desiderio sessuale, del lavoro e del rendimento in questo e della soddisfazione tratta, dei rapporti con i colleghi, delle amicizie e della frequentazione con queste, del piacere tratto e delle modalità con cui trascorre il tempo libero e se qualcosa è cambiato in queste, se ha degli hobby e passioni e se li pratica con lo stesso interesse di prima, se trae godimento o piacere dalla presenza degli altri, o se questa lo infastidisce, o disturba, differentemente da prima, se è divenuto irritabile e insofferente, se è portato a preoccuparsi maggiormente, per cose che prima non lo preoccupavano, o non così intensamente, se si sente apatico, svogliato, se anche piccole incombenze, o piccoli doveri, gli appaiono oggi giganteschi e simili a montagne da scalare, se si annoia facilmente e gli sembra che il tempo non passi mai, o scorra più lentamente di prima, se anche piccole scelte, o decisioni lo gettano nella angoscia e nell’incertezza, lasciandolo nel baratro paralizzante della indecisione, se improvvisamente, da che era piuttosto trascurato, si occupa e si preoccupa intensamente della propria salute, se ha un po’ meno cura di se stesso, se si cambia meno di sovente di abito e pone meno attenzione ai particolari, se rifugge dalle occasioni di vedere altre persone, a meno che non sia assolutamente indispensabile e comunque lo fa sempre con un certo sforzo e riluttanza, se quando è costretto, a malincuore a essere con gli altri, si isola e si disperde nei propri pensieri, se al mattino gli pesa il pensiero di avere tutta la giornata davanti a sé con tutte le sue incombenze e se aneli e desideri la venuta della sera, quando finalmente la giornata con le sue necessità è terminata, se abbia sempre l’impressione che gli altri si aspettino qualcosa da lui e si senta come un assediato che debba perennemente difendersi dagli attacchi e dalle richieste degli altri, se abbia sempre la sensazione di dover fuggire, se pur soffrendo la solitudine aspiri a stare solo, ad isolarsi, a cambiare strada, quando in lontananza vede qualcuno che conosce, per non dover essere costretto ad intrattenersi con lui, se a volte prova la sensazione strana e difficilmente comprensibile e descrivibile che tutta la realtà che lo circonda e prima a lui familiare, gli sia divenuta inspiegabilmente estranea e non più familiare come prima, se prova un malessere diffuso e non definibile, se prova un malumore e una malinconia non comprensibile e non derivabile dalle sue vicende di vita, se prova una stanchezza ed una astenia fisica, non giustificabile dal suo impegno nella giornata, se gli è divenuto difficile concentrarsi e prestare attenzione a lungo, se si distrae facilmente, se non ha più voglia di leggere, di andare al cinema, di guardare la televisione, se rinuncia volentieri a radersi quotidianamente, cosa che invece prima gli era particolarmente gradita, se dimentica facilmente ed è diventato particolarmente distratto, se non ride mai e quando lo fa, ciò avviene per pura convenienza, se rifiuta gli inviti di amici, inventando scuse più o meno credibili, se non riesce più a proiettarsi e ad immaginare il futuro, se non in negativo e se ha l’impressione di vivere in un continuo, gravoso presente, se rimugina spesso sul passato e sui propri errori, sulle occasioni mancate e quindi sfumate, se si sente perennemente in colpa per qualcosa e verso qualcuno, se è afflitto da una perenne inquietudine e ansia continua, se aborrisce i rumori la luce eccessiva e predilige, in casa una confortevole e malinconica penombra.
Come avrà risposto a tutte queste domande, prima generiche e poi sempre più precise da parte del medico, il nostro paziente?
Lo sapremo alla prossima puntata.

Domenico Mazzullo d.mazzullo@tiscali.it www.studiomazzullo.com