domenica 30 dicembre 2007

Risposta al commento di Roberto




Caro Roberto,

La ringrazio per aver scritto un commento al mio "Cesare Beccaria" e per le Sue parole di apprezzamento. Approvo e sottoscrivo il Suo pensiero e le Sue parole, alle quali voglio aggiungere solo qualche riga di commento.

Anche io, come Lei, sono piuttosto perplesso pur essendo, come ho detto, assolutamente contrario alla pena di morte, di fronte alle manifestazioni di gioia di chi ha promosso la moratoria, perchè ci si fa grandi di una vittoria che in fondo non è costata nulla, essendo paladini e difensori di una causa vinta in partenza e sulla quale non si può non essere, in linea di principio, altro che d'accordo. Lo stesso accade quando il Papa, mi si consenta l'accostamento, asserisce che dobbiamo essere tutti più buoni e amorevoli verso il nostro prossimo. Ci sarebbe qualcuno capace di smentirlo? Si tratta, anche in questo caso, di quelle dichiarazioni di principio ovvie ed universali, da tutti sottoscrivibili, che quindi non costa nulla fare e che per nulla impegnano chi le formula. D'altra parte è un vezzo storico inveterato presso noi italiani, essere sempre dalla parte di chi vince e poi gloriarci della vittoria, vedi ad esempio la conclusione della II Guerra Mondiale.

Questo successo poi all'ONU rientra e si inquadra perfettamente nel clima di "buonismo" che impera e vige nel nostro paese, nel quale la certezza dell'espiazione di una giusta pena è divenuta una realtà sempre più risibile e che sempre di più suscita l'ilarità negli altri paesi. In questo clima si inserisce e si spiega l'ultima beffa dell'indulto, in virtù del quale, essendo le carceri troppo affollate, si sono liberati dei criminali regolarmente condannati, perdonandogli, cancellandogli, con un tratto di penna, una parte della pena. Prossimamente, essendo gli ospedali troppo affollati, si utilizzerà lo stesso principio, dimettendo i pazienti, prima che siano guariti, rimandandoli a casa ancora ammalati. D'altra parte l'esperimento è già stato compiuto, chiudendo gli ospedali psichiatrici e sostituendoli con...niente.

A proposito di giusta pena e di perdono, mi tornano alla mente le parole di Simon Wiesenthal, l'uomo che, unico sopravvissuto della sua famiglia ai campi di concentramento, dedicò la intera sua vita alla caccia dei criminali nazisti, nel suo libro "Giustizia, non vendetta" :"il perdono offende le vittime". Giustamente Lei dice:"C'è una corsa a salvare e perdonare gli autori dei più efferati delitti e in pochi giorni non ci si ricorda più della vittima".

Lei mi chiede, se possiamo sperare in un futuro migliore per le prossime generazioni.
Caro Amico, io non sono nessuno e da psichiatra quale sono, non ho titoli per rispondere alla Sua domanda, ma da semplice uomo che cerca di osservare la realtà che ci circonda, posso dirLe di essere molto pessimista, perchè le "prossime generazioni", quelle dei più giovani, alle quali noi adulti dobbiamo passare il testimone, sono già penalizzate in partenza, essendo prive, per la maggior parte, di quella forza propulsiva, drammaticamente rivoluzionaria e innovativa rappresentata dagli ideali in cui credere e per cui battersi, per i quali si può anche sacrificare la vita, dal desiderio di cambiare il mondo per renderlo migliore, forza propulsiva che ha sempre animato la gioventù fino ad ora e che ancora anima un sempre più sparuto manipolo di persone che giovani non lo sono più.

Lei vorrebbe applicare la mia "pena di vita" ai nostri politici, condannandoli a vivere per sempre la vita di noi poveri e semplici cittadini, impegnati a sopravvivere dibattendosi tra una sanità pubblica che non funziona, pensioni offensive, una sicurezza che non esiste più e altre amenità del genere, costringendoli a rinunciare forzatamente ai privilegi di cui godono in quanto politici. Giustissimo. Sottoscrivo. Ma vorei rammentarLe che in Italia vige una democrazia, secondo la quale i nostri rappresentanti, i politici, sono stati liberamente da noi eletti a rappresentarci, in quanto sono stati da noi votati in libere elezioni. E' sufficiente non votarli più per liberarcene. Eppure noi continuiamo pedissequamente a votarli per poi lamentarcene. Dobbiamo convincerci, finalmente, che viviamo in una democrazia rappresentativa, nella quale siamo cittadini, eppure continuiamo a vivere come sudditi di una monarchia assoluta.

C'è una logica in questo? Forse perchè la libertà non ce la siamo conquistata con il sangue di una rivoluzione popolare come quella americana del 1776, o quella francese del 1789, ma ci è stata regalata dal sacrificio di pochi uomini illuminati che fecero il Risorgimento?
Grazie.



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