domenica 30 settembre 2007

Ancora ancora sulla depressione

Immaginiamo di essere nell’ambulatorio di un medico di base che nella sua attività quotidiana riceve un paziente già conosciuto e da anni tra i suoi assistiti. Si tratta di un paziente di 50 anni, coniugato con due figli. Ha un lavoro impiegatizio presso una società di assicurazioni, lavoro che gli permette un dignitoso tenore di vita, potendo contare la famiglia anche sullo stipendio della moglie, insegnante di scuola media. I figli, ambedue al liceo, non danno soverchi problemi ai genitori, nulla oltre le normali crisi adolescenziali. Il paziente è stato sempre in buona salute; modico fumatore; astemio; abitudini di vita regolari.
Il paziente siede davanti al medico che lo ascolta, visibilmente imbarazzato ed in difficoltà in quanto, come confessa all’esordio del discorso, non sa nemmeno lui per quale motivo sia venuto in ambulatorio ed abbia richiesto una visita. In realtà sta bene, non lamenta nessun dolore, non ha febbre, o alti sintomi particolari, le ultime analisi eseguite poco tempo addietro, come certamente il dottore ricorda, non evidenziavano nulla di alterato, o anomalo eppure non si sente bene come prima, forse perché, azzarda una ipotesi, da qualche tempo non dorme più bene.
E’ stato sempre, lo dice con rammarico e nostalgia, un ottimo dormitore. La sera appena poggiava la testa sul cuscino si addormentava di un sonno profondo e sereno, popolato di sogni che a volte, ma non sempre, ricordava al mattino e cercava addirittura di interpretare da solo. Al mattino, si svegliava con una certa difficoltà e riluttanza al suono della sveglia che lo destava, sempre troppo presto rispetto ai suoi desideri, ma dopo una buona tazza di caffé era subito pronto ad affrontare la giornata, spesso, ma non sempre naturalmente, di ottimo umore, e comunque desideroso di impegnarsi nel lavoro.
Da qualche mese a questa parte invece, ha preso a non dormire bene come prima. La sera si sente particolarmente stanco e va a letto in anticipo sul resto della famiglia, che si attarda un poco di più davanti alla televisione. Quello è l’unico momento della giornata in cui si sente meglio, quando si infila nel letto e tira su fin sopra la testa le coperte, a proteggersi da un freddo che in realtà non c’è.
Purtroppo questo momento di beatitudine dura poco, pochissimo, in quanto il sonno sopraggiunge subito ad interrompere il piacere e sembra farsi subito profondo, ma…ma purtroppo, ormai ad ora fissa, puntuale, quasi avesse un orologio nel capo, alle 2.15 si sveglia di soprassalto. La prima, la seconda, la terza volta consecutive è riuscito a resistere al desiderio di guardare le cifre dell’orologio luminoso che ha sul comodino, nella speranza, non aprendo gli occhi, di riaddormentarsi subito, cosa che invece non è mai successa, se non dopo molto tempo, soggettivamente calcolato, ma poi, dopo giorni in cui il fenomeno si ripeteva ormai con strenua puntualità, si è rassegnato a guardare la sveglia luminosa, constatando sempre il risveglio alla stessa ora fissa e perfettamente lucido, come dopo un numero sufficiente di ore di sonno. Avendo letto su un giornale che non è opportuno rimanere a letto sveglio, attendendo il sonno, si alza, beve un bicchiere di latte caldo e torna a letto, ma il sonno non sopraggiunge mai prima di almeno una ora, come ha sempre potuto constatare dalla solita sveglia luminosa. A volte questo è l’unico risveglio notturno, a volte ve ne sono altri, ma di minore durata, trascorsa senza dormire.
Inizialmente, però, questi risvegli notturni erano, per quanto fastidiosi, un fenomeno isolato, anche se spiacevole, ma da qualche tempo a questa parte il problema si è ulteriormente complicato in quanto, a questi risvegli notturni che interrompono il sonno, si è aggiunto un fenomeno ben più inquietante: un risveglio costantemente in anticipo sul trillo della sveglia fissato alle 7.30 e che prima giungeva improvviso quando era sempre addormentato.
Magari fosse ancora così: adesso ad ora fissa, puntualmente alle 5.10 balza nel letto ed è subito completamente sveglio e lucido, senza alcuna possibilità di riaddormentarsi, come ha ormai ampiamente verificato. I primi giorni era anche quasi contento all’idea di avere ancora due ore, di anticipo, mentre gli altri erano ancora addormentati, per leggere un libro che da tempo lo attendeva sempre aperto sulla stessa pagina, ma dopo qualche giorno di questa costante levataccia, con conseguente, inevitabile sonnolenza quotidiana, aveva cominciato a preoccuparsi ed inquietarsi, vedendo calare il proprio rendimento lavorativo, la propria tolleranza agli stimoli spiacevoli, con conseguente aumento della irritabilità e insofferenza. Mentre prima, inoltre, al mattino era di buon umore e soddisfatto di recarsi al lavoro, ora invece è diventato scontroso, irritabile, cupo, malinconico e con mala voglia, al pensiero della giornata da affrontare. Lo consola solamente il pensiero di quando tornerà a casa e potrà finalmente andare a dormire.
Cosa farà il suo medico? Quale è il comportamento corretto da tenere di fronte ad un paziente come questo, abituale e affezionato frequentatore degli ambulatori medici?
La risposta alla prossima puntata.

Domenico Mazzullo d.mazzullo@tiscali.it

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