lunedì 24 settembre 2007

Sacra Rota

Caro Cesare,

ho letto con molto interesse e anche con grande gusto la lettera comparsa ieri nella tua rubrica, riguardo a matrimoni consumati prima, ma non più dopo e al relativo problema di annullamento.
Tu conosci bene la mia posizione in tema di fede e anche quella, non necessariamente conseguente, in tema di Chiesa, della quale mi ha sempre affascinato la capacità, degna solo dei più grandi prestigiatori, di far scomparire, pardon annullare, matrimoni "indissolubili", con arditi funambolismi, che riuniscono in un meraviglioso gioco delle tre carte, la psicologia, il diritto, e ahimè anche l'economia, in quanto tanto più il matrimonio è indissolubile, tanto maggiore è la pecunia necessaria per scioglierlo.
Spesso purtroppo anche gli psichiatri vengono chiamati in causa e si rendono complici di tali scioglimenti del "vincolo", avvalorando, dall'alto della loro Scienza, motivazioni pretestuose, quali una generica, ma testimoniata e comprovata "immaturità affettiva" al pronunciamento del fatidico "sì", o una altrettanto indimostrabile, ma testimoniata volontà interiore ed intima di non procreare, tenuta però nascosta al coniuge, per cui il matrimonio celebrato, in realtà manca di uno dei principi basilari e quindi può essere annullato.
Ma al di là ed al di sopra di queste constatazioni, che riguardano la Chiesa e la Sua credibilità, il tema da voi affrontato nella lettera, con molto garbo e con intelligente ironia, tocca un argomento importante e di comune, oserei dire quotidiana” osservazione per noi psichiatri: il crollo del desiderio dopo il matrimonio, spesso addirittura all'indomani del matrimonio stesso, dopo un periodo più o meno lungo di "fidanzamento" con intenso e vissuto desiderio reciproco, come giustamente sottolineato dall'autrice della lettera.
Di fronte ad un fenomeno così diffuso e causa di atroci sofferenze, si possono solo azzardare spiegazioni o interpretazioni, tra le quali la più comune e diffusa è proprio quella addotta dalla nota attrice di teatro cui tu accennavi, ossia il temuto trasformarsi in "dovere" di quello che fino al giorno prima era stato un "piacere".
Ma accanto a questa ne proporrei un'altra, mia personale: la nostra vita è fatta di impegni, incombenze, doveri, necessari ma spesso non piacevoli e in essa, un rapporto affettivo che si sviluppa, rappresenta una speranza, un desiderio di realizzazione, un fine non ancora raggiunto, in ultima analisi, un' isola in un mare di abitudini necessarie e quotidiane. Ma quando il rapporto si istituzionalizza, l'isola felice, con due soli abitanti,scompare e viene sepolta, sommersa, si fonde e si confonde con la quotidianità, amaramente.
Domenico Mazzullo

Pubblicato su Libero "Mister No" il 01-03-2007

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